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La caduta di Palmira e Ramadi e l’uccisione di alcuni leader ridimensionano l’Isis

La perdita delle due città-chiave e l’uccisione di molti capi dell’organizzazione terrorista stanno indebolendo sempre di più il Califfato islamico e Assad può vantare la sua prima vittoria sul terreno.
A cura di Mirko Bellis
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Soldati dell'esercito siriano festeggiano la conquista di Palmira
Soldati dell'esercito siriano festeggiano la conquista di Palmira

La recente vittoria dell’esercito siriano contro l'Isis a Palmira rappresenta una svolta importante, non solo nella lotta contro gli estremisti islamici, ma anche nella traiettoria della guerra civile entrata ormai nel suo sesto anno.

La riconquista dell’antica città siriana arriva appena tre mesi dopo la ritirata dello Stato islamico da Ramadi, in Iraq. Sia Ramadi che Palmira erano cadute durante l’offensiva dell’Isis a maggio 2015 quando l’avanzata dei jihadisti sembrava imparabile e adesso queste due sconfitte ridimensionano le ambizioni degli uomini di Al Baghdadi. All'aspetto prettamente militare si aggiunge quindi anche quello propagandistico, indispensabile nella lotta contro i jihadisti. La capacità di attrazione di combattenti provenienti dal Medio Oriente e da molti Paesi occidentali era dovuta anche alle importanti conquiste territoriali messe a segno dal sedicente Califfato islamico nel corso del 2015.

Con la perdita di Palmira la situazione adesso si è invertita e Bashar al Assad può rivendicare la sua prima vittoria tattica sul campo di battaglia. Il presidente siriano ha concesso un’intervista all'agenzia di notizie russa Sputnik nella quale si è mostrato trionfante pensando alla ricostruzione della Siria. Ricostruzione che – come ha ribadito lo stesso Assad – sarà appannaggio delle aziende dei Paesi che più stanno aiutando il regime di Damasco: Cina, Iran e Russia. L’aiuto militare russo si è dimostrato decisivo anche nel corso della battaglia per la riconquista di Palmira. Secondo quanto riportato da Reuters, il ministro della difesa russo ha ammesso che i consiglieri militari inviati da Mosca hanno giocato un ruolo diretto nella pianificazione dell’operazione per liberare la città siriana.

E il ruolo svolto da Putin in Siria alla fine potrebbe accontentare anche gli altri attori coinvolti nella sanguinosa guerra civile costata quasi 300.000 morti. Secondo Maria Dubovikova, esperta russa in politica medio orientale, “l’azione di Mosca è nell'interesse di quasi tutti in quanto risparmia all'Occidente l’umiliazione di dover appoggiare Assad nella lotta contro l'Isis”.  Ciò nonostante, i raid della coalizione guidata dagli Stati Uniti continuano. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che un drone ha ucciso un importante leader dell’Isis, Abu al-Haijaa al-Tunisi, mentre si stava recando a dirigere le operazioni militari dell'organizzazione ad Aleppo. “Stiamo sistematicamente eliminando il governo dell'Isis" ha dichiarato il segretario della difesa americano Carter,  annunciando l'uccisione di Abd al-Rahman Mustafa al-Qaduli, detto Haji Imam, “ministro delle finanze” e fondatore dell’organizzazione terrorista.

La fragile tregua iniziata il 27 febbraio tra i principali gruppi ribelli e il governo di Damasco (le ostilità in realtà non sono mai realmente cessate come dimostra il bombardamento ad est della capitale dove sono morte 23 persone) ha permesso ad Assad di concentrare tutte le forze contro l'Isis e di presentarsi da un posizione di forza ai colloqui previsti a Ginevra. Se solo un anno fa in molti avevano sollevato la questione della continuità del presidente siriano, ora, la sua sopravvivenza sembra non essere più in dubbio.

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