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La bonifica di Bagnoli vista dalla commissione parlamentare d’inchiesta: vent’anni di sprechi, caos e conflitti d’interesse

La Commissione parlamenta d’inchiesta sugli illeciti legati al ciclo dei rifiuti in Campania nella sua Relazione territoriale finale si sofferma sulle operazioni di bonifica nell’area di Bagnoli, sottolineando incoerenze e carenze nei progetti, conflitti di interesse tra Bagnolifutura SpA e Arpac, punti oscuri nelle operazioni di riqualificazione compiute fino ad oggi. Ma senza il ripristino ambientale dell’area, non potrà esserci nessun futuro per la periferia occidentale di Napoli.
A cura di Alessio Viscardi
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Assise di Bagnoli contro ricostruzione Città della Scienza su spiaggia

La bonifica di Bagnoli è il nodo centrale del degrado e del caos in cui versa tutta la periferia occidentale di Napoli. Una complessa serie di lungaggini burocratiche, confusione e procedure irregolari denunciate dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sugli illeciti legati al ciclo dei rifiuti in Campania nella Relazione territoriale conclusiva pubblicata a febbraio. Il risultato è una zona completamente inquinata e dove per tre volte i bandi di gara per la vendita dei suoli dell'ex-Italsider sono andati deserti. Dopo l'incendio doloso che ha distrutto Città della Scienza, il dibattito sul futuro di Bagnoli torna al centro dell'agenda politica cittadina. Al centro di questo dibattito, però, c'è proprio la bonifica dell'area – senza la quale nessuna prospettiva di sviluppo sembra ipotizzabile.

La Commissione Urbanistica del Comune di Napoli chiede che tutti i progetti su Bagnoli siano ridefiniti, mettendo mano alla variante al Prg del 1998 per aggiornarla alle mutate condizioni generali. Vezio de Lucia, ex-assessore tra gli autori del piano di zona, dichiara ai nostri microfoni di auspicare che il polo museale di Città della Scienza sia ricostruito nelle zone interne per ripristinare la linea di costa a Coroglio, così come chiesto anche dalle Assise dei cittadini della periferia occidentale. D'altra parte, gli imprenditori e costruttori di Napoli non hanno interesse a investire a Bagnoli vista l'alta incertezza dei processi in corso – tutti connessi alla bonifica dei suoli, degli arenili e dei fondali. Il prossimo 22 aprile, scadranno i termini del quarto bando di gara per la vendita dei lotti, il cui valore è sceso da 21 milioni di euro a poco più di 11 milioni nonostante un aumento delle volumetrie destinate all'edilizia. Da questa prospettiva, un esempio di spreco di denaro pubblico è rappresentato dal parco sportivo costruito all'interno dell'area ex-Italsider e rimasto chiuso a causa della mancanza delle autorizzazioni all'utilizzo – mai rilasciate dalle autorità competenti in quanto la prossimità con le aree inquinate metterebbe a rischio la salute degli avventori (sulla vicenda indaga la Procura di Napoli, ma Bagnolifuta SpA afferma di aver effettuato un tipo di bonifica differente in quell'area).

La Commissione parlamentare presieduta da Gaetano Pecorella analizza nella relazione finale il progetto di bonifica delle aree ex Ilva – ex Eternit e della colmata a mare. Il piano viene redatto dalla società partecipata Bagnolifutura SpA e approvato dal Ministero dell'ambiente il 28 luglio del 2003. La società di trasformazione urbana nata il 24 aprile 2002 per iniziativa del comune di Napoli ha l’obiettivo di realizzare gli interventi previsti dal piano urbanistico Bagnoli-Coroglio. Capitale sociale di 15.314.880, partecipata al 90% da Comune di Napoli, 7,5% dalla Regione Campania (ma il presidente Stefano Caldoro ha dichiarato la volontà di volerne uscire) e Provincia di Napoli al 2,5%. L’operazione nel SIN (Sito di Interesse Nazionale) di Bagnoli-Coroglio prevede interventi per oltre 115 milioni di euro, dei quali euro 63 milioni destinati alla rimozione della colmata, quasi 44 milioni alla bonifica dell’area marina e circa 8 milioni per opere accessorie. A finanziare le operazioni dovrebbero essere il Ministero dell’ambiente per una quota di 100 milioni di euro e Regione Campania per i restanti 15 milioni e mezzo.

Bagnolifutura dichiara di aver provveduto alla bonifica di 810.700 metri quadrati dei terreni ex-Italsider ed ex-Eternit. Secondo quanto riportato dalla Commissione parlamentare, la società avrebbe ricevuto dal Ministero dell’ambiente soltanto 7 milioni e mezzo, corrispondenti alla prima tranche dei 75 milioni stanziati dalla legge Finanziaria del 2000. La STU ha certificato ulteriori spese sostenute per le operazioni pari a oltre 26 milioni, senza aver mai incassato tali somme.

Inquinamento diffuso su terreni e arenili attestato dalle indagini effettuate dall’ARPAC, che certificano la presenza di metalli pesanti, idrocarburi ed IPA. I diversi “progetti, varianti, proposte e controproposte, richieste di integrazioni documentali, avvio di procedimenti amministrativi”  hanno ingenerato -secondo la Commissione- il quasi totale inadempimento delle bonifiche necessarie.

Nella relazione finale vengono sottolineati conflitti di interesse e commistione tra controllore e controllato: “Non risulta sufficientemente garantita la posizione di terzietà da parte degli organi istituzionalmente deputati al controllo” secondo il giudizio dei parlamentari, che sottolineano come l'Arpac – ente deputato ad effettuare le analisi e certificare le operazioni di bonifica – debba esercitare la propria funzione secondo “linee guida” stabilite dalla stessa Bagnolifitura, che invece è il soggetto che deve essere controllato. Inoltre, la Bangolifutura essendo partecipata da Regione e Provincia, anche attraverso una società consortile costituita ad hoc nel 2002, fa venir meno qualsiasi distinzione funzionale tra i vari soggetti: “paradossalmente, è il controllato a individuare i criteri sulla base dei quali il controllore esercita le sue funzioni di controllo”.

La procura di Napoli ha aperto un fascicolo sulla riqualificazione dei suoli di Bagnoli e sulle procedure per il rilascio delle certificazioni di avvenuta bonifica da parte della Provincia di Napoli, di cui si sospetta la falsità. Il sostituto procuratore della Repubblica di Napoli, Federico Bisceglia, è chiaro: “In sostanza, si tratta di certificazioni di avvenuta bonifica che bonifica non è”. Le certificazioni emesse dalla Provincia di Napoli attestano controlli prevalentemente “cartacei” delle attività svolte, basati essenzialmente sulla verifica della conformità dei lavori ai progetti attuati. Fino al 2008, inoltre, nessun controllo è stato effettuato per l'accertamento della contaminazione e sulla definizione degli obiettivi di intervento, solo a partire da tale data Arpac e Bagnolifutura firmano un accordo per effettuare controlli in campo sulle fasi di bonifica.

La colmata a mare di Bagnoli sembra essere la fonte primaria dell'inquinamento dell'intera zona, nonostante ciò -e in mancanza dei fondi per la sua rimozione- gli ultimi piani stilati per la bonifica prevedono soltanto la riqualificazione dei fondali. Si tratta di una zona compresa tra il pontile nord ed il pontile sud dell’ex centro siderurgico, costituita da rifiuti, scorie e loppe d’altoforno derivanti dalle lavorazioni dell’ex Ilva-Eternit di Bagnoli. La superficie è di circa 170.000 metri quadrati sul litorale marino e 50.000 metri quadrati della spiaggia originaria.

Le analisi effettuate sulla colmata di Bagnoli hanno rivelato la presenza di inquinanti come idrocarburi, IPA, arsenico, piombo, vanadio e zinco, che hanno contaminato anche le acque di falda. La zona è stata oggetto di un intervento di messa in sicurezza consistente nell'impermeabilizzazione con guaine del blocco a mare e la costruzione di barriere idrauliche a monte e lungo il limite costiero della struttura per evitare il defluire degli inquinanti a mare. Il geologo Benedetto De Vivo, però, in audizione davanti alla Commissione afferma che questa opera temporanea -che dura ormai da undici anni- non impedisce che gli inquinanti si infiltrino al di sotto della colmata verso le falde acquifere. Gli indici di contaminazione per alcune sostanze tossiche sono a livello 14 (dove limite massimo tollerato è 1). Il professore De Vivo contesta anche le analisi dell’ARPAC, affermando che i risultati indipendenti forniti dal servizio geologico inglese (BGS, British Geological Survey) hanno accertato che tali dati contengono errori fino al 500%, per cui sono completamente sbagliati.

Finché i terreni e le acque di Bagnoli resteranno inquinati da idrocarburi e amianto nessuna riqualificazione dell'area sarà possibile, la linea di costa non potrà essere ripristinata e l'istituzione di una spiaggia pubblica resterà una chimera per il divieto assoluto di balneazione in tutta l'area. Inoltre, i suoli contaminati dell'ex-Ilva saranno difficilmente venduti da Bagnolifutura, rendendo impossibile il completamento delle strutture pubbliche previste dal Prg e dal Pua. Insomma, finché non si troveranno i soldi e un progetto credibile di bonifica, Bagnoli resterà un cimitero industriale su cui si allungano oscuri interessi criminali.

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