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Opinioni

La Bce vara pacchetto pro-crescita: cosa cambia per le imprese?

La Bce taglia i tassi di rifinanziamento per le banche europee, vara nuove aste di liquidità a lungo termine per le banche che finanziano le Pmi, prepara il terreno per il rilancio del mercato delle Abs. Draghi avverte: non vogliamo creare bolle ma rilanciare economia reale, i governi devono fare la loro parte…
A cura di Luca Spoldi
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Mario Draghi, capo della Bce, fa l’en plein: non solo la Banca centrale europea ha tagliato i tassi ufficiali sull’euro (tutti: il tasso di rifinanziamento principale cala allo 0,25% allo 0,15%, quello sui depositi, finora pari a zero, diventa negativo e pari a -0,10%, quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale cala dallo 0,75% allo 0,40%, con un “corridoio” sempre più stretto rispetto agli altri tassi) per le operazioni con regolamento a partire dall’11 giugno prossimo, toccando di fatto il “limite inferiore sui tassi d’interesse, anche se tecnicamente sono possibili altri aggiustamenti se sarà necessario”, precisa l’ex governatore di Banca d’Italia. Assieme al taglio dei tassi la Bce, che rimodula le sue stime di crescita per l’Eurozona a +1% per il 2014 (dal precedente +1,2%), +1,7% per il 2015 (da +1,5%) e +1,8% per il 2016 (invariata) oltre che per quanto riguarda l’inflazione (in questo caso tutte in calo a 0,7% per il 2014, 1,1% per il 2015 e 1,4% per il 2016, contro stime precedenti rispettivamente pari a 1%, 1,3% e 1,5%), annuncia infatti un robusto pacchetto di misure “pro crescita”.

Volendo essere “massimamente trasparente” e agireall’interno del suo mandato”, che riguarda, come ricorda più volta in conferenza stampa lo stesso Draghi, la stabilità dei prezzi (e dunque viene messo a rischio da un’inflazione sempre più distante, per un periodo di tempo sempre più prolungato, dall’obiettivo di 2% annuo di inflazione, cosa che fa male particolarmente a paesi ad alto debito e bassa crescita reale come l’Italia), la Bce annuncia infatti anche lo stop alle operazioni settimanali con cui da quattro anni riassorbe la liquidità creata comprando titoli di Stato durante la crisi del debito (per complessivi 165 miliardi di euro) e l’avvio di un nuovo sistema di aste di liquidità a lunghissimo termine, definite Tltro (Targeted longer-term refinancing operations), ossia prestiti a lunga scadenza che le banche potranno sfruttare solo a patto di utilizzare il credito così ottenuto a favore dell’economia reale: in sintesi i soldi verranno dati a chi farà nuovi prestiti alle imprese.

Le aste (previste a settembre e dicembre prossimi) avranno scadenza 2018, precisa Draghi, e consentiranno alle banche di prendere a prestito il 7% dell’ammontare (al 30 aprile scorso) della propria esposizioni al settore non finanziario, ad esclusione dei mutui immobiliari (“vogliamo irrobustire la crescita reale, non gonfiare nuove bolle speculative” spiega Draghi ai giornalisti che chiedono ulteriori dettagli sui possibili impatti della misura). Sono in tutto 400 miliardi di euro di liquidità (meno di quanto già restituito anticipatamente dalle banche delle due Ltro con scadenza 2014-2015), da restituire entro i quattro anni successivi, che la Bce renderà disponibili per le banche che vogliano provare a finanziare la ripresa anzichè comprare titoli di stato come finora, anche se non è il caso di stappare lo spumante: con tutta probabilità a trarne maggiori benefici saranno quei mercati dove la domanda sta mostrando segnali di recupero e la qualità del credito ha smesso di peggiorare, un quadro che assomiglia più alla Germania o forse alla Francia o alla Spagna che non all’Italia, vista anche la lentezza con cui il nostro sistema bancario (e industriale) ha reagito alla crisi, ma tant’è.

In più tra marzo 2015 e giugno 2016 le banche potranno accedere, con cadenza trimestrale, ad una massa di nuova liquidità  pari a tre volte il saldo netto dei loro nuovi finanziamenti (cioè la differenza tra nuovi prestiti ed estinzioni di prestiti già emessi). I tassi delle Tltro, presumibilmente molto bassi, verranno determinati in seguito così come l’ammontare complessivo di ciascuna operazione. Non solo: tutto questo sistema dovrebbe servire a preparare il terreno per rilanciare il mercato delle Abs (Asset backed securities), ossia di titoli di credito cartolarizzati, che altro non sono che obbligazioni garantite da un flusso sottostante (ad esempio affitti o mutui), in grado di garantire a chi li sottoscrive una cedola e che vengono rimborsati alla scadenza.  Per poter decollare nuovamente ed evitare che a beneficiarne siano solo gli intermediari finanziari questo rinnovato mercato dovrà essere “semplice, fondato sui prestiti reali e trasparente” aggiunge Draghi che spiega come la Bce abbia anche deciso di estendere ulteriormente le condizioni di accesso alle aste regolari di rifinanziamento.

Il rischio, ovviamente, è che nonostante gli sforzi la Bce non riesca a far giungere lo stimolo di una politica monetaria “ultra rilassata” e di tassi che “resteranno bassi più a lungo di quanto finora previsto” alle Pmi europee, finendo da un lato con “l’espropriare” i risparmiatori tedeschi, che temono che tassi ultrabassi, propagandosi al sistema del credito ordinario, finiscano col non proteggere i loro risparmi dall’inflazione (ipotesi che non fa dormire tranquilli neppure i gestori di fondi pensione di mezzo mondo da alcuni anni), dall’altra favorisca una nuova corsa ai “junk bond”, titoli spazzatura che emettono aziende con modesto merito di credito (che dunque debbono pagare interessi più elevati a causa del rischio maggiore) e che vengono poi “ripuliti” dalle grandi banche d’affari inserendoli in portafogli di prestiti di più ampie dimensioni in grado di ottenere il massimo rating (e quindi pagare poco in termini di tasso corrisposto al detentore di tali titoli).

Anche per questo Draghi in conferenza stampa ribadisce più volte: “non abbiamo esaurito con questo tutte le carte a nostra disposizione”, le misure “sono state pensate per l’economia reale, per questo non riguarderanno le imprese finanziarie”, la Bce intende operare in modo “veramente trasparente” anche rafforzando la “forward guidance” così che il mercato sappia con ampio anticipo se e come modificherà il proprio approccio. Il tutto ricordando come la soluzione alla crisi risieda “nella crescita” e che per la crescita “occorre proseguire lungo la strada delle riforme”, rispetto alle quali si notano “segnali di avanzamento” in tutta Europa che tuttavia “non soddisfano” ancora la Bce. Attenzione però, Draghi, sempre più in equilibrio tra le ansie e insoddisfazioni tedesche e il timore di “perdere la faccia” nei confronti dei mercati, coglie al volo la palla offerta dalle domande dei giornalisti e ne ha anche per i governi, che non devono “puntare unicamente al riequilibrio dei conti” (saranno fischiate le orecchie a Mario Monti o ad Angela Merkel?) ma varare misure “a favore della crescita”.

Insomma: meno tasse, meno debito pubblico e più riforme sul fronte della spesa, per passare dalla politica (sterile) del rigore a tutti i costi a quella (si spera virtuosa) di un equilibrato rilancio economico del vecchio continente. O sarà tutto inutile, come fino a stamattina ha insistito a ribadire il ministro delle finanze tedesche Wolfgang Schauble secondo cui agire sul livello dei tassi d’interesse è solo una soluzione temporanea e non permanente. Il sentiero da percorrere resta stretto, accidentato e rischio di insidie, ma cedere alla tentazione di rovesciare il tavolo metterebbe a rischio quanto si è finora riusciti a ricostruire e peserebbe sulle spalle dei cittadini europei dei paesi più a rischio, Italia per prima. C’è dunque da augurarsi che la “road map” di Draghi, che nell’immediato nulla o quasi cambia per aziende e famiglie, a medio termine funzioni meglio della “repressione fiscale” di matrice tedesca: peggio sarà difficile possa fare, del resto.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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