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L’Ungheria dice no ai migranti, ma non c’è quorum. Orbàn: “Faremo comunque la legge”

L’Ungheria dice no alla “redistribuzione dei profughi” prevista dall’Ue. Il 98% ha votato come indicato dal Premier Viktor Orban ma non c’è quorum. Il leader: “L’Ue deve tenerne comunque conto”
A cura di Valerio Renzi
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Aggiornamento ore 23.15:  L‘Ungheria dice in massa no alla "redistribuzione dei profughi" prevista dall'Ue, anche se non c'è il quorum. Come previsto infatti quasi 98% di chi ha votato ha detto no alle quote dei migranti  mentre i sì sono stati solo il 2%. Un dato che però non ha alcun vincolo giuridico visto che non è stata raggiunta la soglia del 50% più uno necessaria per il quorum . A votare infatti sono andati solo il 43,42% degli aventi diritto, vale a dire circa 3,1 milioni di persone, una percentuale di affluenza ben lontana dalla soglia prevista. Un risultato giudicato un fiasco totale dalle opposizioni che hanno invitato Orban a dimettersi, ma che invece il Premier giudica positivamente chiedendo all'Ue di tenerne conto. "Tredici anni fa una larga maggioranza di ungheresi ha votato in un referendum per entrare a far parte dell'Unione Europea, oggi gli ungheresi hanno fatto sentire la loro voce contro le politiche europee" ha spiegato infatti il premier, concludendo: "Abbiamo raggiunto un risultato eccezionale e presenteremo un emendamento alla Costituzione ungherese perché il risultato del voto sia comunque tradotto in legge".

Aggiornamento ore 20.00: come pronosticato il referendum tenutosi oggi in Ungheria contro il sistema Ue delle "quote" di redistribuzione dei richiedenti asilo non ha raggiunto il quorum. A mezz'ora dalla chiusura delle urne alle ore 19.00 l'affluenza era ancora al 39%, per alcuni membri del partito di governo Fidesz quella finale potrebbe arrivare al 45%. Ma il premier Viktor Orbàn già ha chiarito questa mattina che ha intenzione di andare avanti per la sua strada: "Non importa se il referendum risulterà valido o meno: conseguenze giuridiche ci saranno comunque. L'importante è che i no siano maggioranza". All'orizzonte potrebbe esserci una modifica costituzionale da approvare in parlamento.

Domenica 2 ottobre gli ungheresi sono chiamati alle urne. Il quesito referendario, valido solo se si raggiungerà il quorum del cinquanta percento degli aventi diritti, chiede ai cittadini di esprimersi in merito al sistema delle "quote" di redistribuzione dei migranti all'interno dello spazio europeo sancite da Bruxelles. Il numero di rifugiati che l'Ue chiede all'Ungheria di accogliere è in realtà assai esiguo: 1300. Ma tanto è bastato per scatenare uno scontro politico e simbolico agito direttamente dal governo di destra guidato da Viktor Orbàn che, dopo la costruzione del muro al confine con la Serbia e la Croazia per fermare i migranti, guida il fronte della fermezza in materia di accoglienza. "Volete o no che la Ue decida quote di ripartizione di migranti tra i suoi Stati membri, senza prima ascoltare governi e parlamenti a sovranità nazionale?", il quesito sulla scheda. Quasi scontato l'esito della consultazione, un sondaggio dell'Istituto Republikon dà il "no" al 73% contro appena il 4% di cittadini convinti a votare "sì".

Le denunce delle associazioni dei diritti umani

Durissimi i rapporti delle associazioni di difesa dei diritti umani sulla condotta del governo ungherese nei confronti dei migranti in viaggio verso il Nord Europa. In un report reso pubblico lo scorso 27 settembre e intitolato "Speranze interrotte: il continuo attacco dell'Ungheria ai diritti di migranti e rifugiati", Amnesty International fotografa le condizioni dei migranti respinti alle frontiere o intrappolati nei centri di detenzione allestiti dopo l'estate del 2015. "Il primo ministro Orbán ha sostituito lo stato di diritto con uno stato di paura. Il suo intento di impedire a rifugiati e migranti di entrare in Ungheria è stato accompagnato da una serie ancora più preoccupante di attacchi nei loro confronti e contro le garanzie internazionali che dovrebbero proteggerli", ha messo in guardia John Dalhuisen, direttore di Amnesty per l'Europa. Gli ha fatto eco Human Rights Watch monitorando le violazioni dell'Ungheria in materia di diritto d'asilo e le condizioni in cui vivono i migranti in attesa che la loro domanda venga esaminata.

L'Europa svolta a destra? Austria, Germania e Francia al voto

Dopo la vittoria della campagna referendaria "Prima i nostri" in Canton Ticino, che ha visto prevalere il "sì" a un quesito che limita l'ingresso dei lavoratori frontalieri (per lo più italiani), il referendum ungherese potrebbe rappresentare un punto di svolta continentale. Uno spartiacque per l'affermazione delle forze di destra, nazionaliste e protezioniste, e populiste. In una manciata di mesi la verifica sul campo con il voto in Austria, Olanda, Francia e Germania. A Vienna il prossimo 4 dicembre potrebbe infatti arrivare a sedere Norbert Ofer, il leader dell'Fpo, il partito che fu di Georg Haider, che sfiderà al ballottaggio l'economista verde Alexander van der Bellen. In primavera toccherà poi alle elezioni presidenziali francesi, dove gli occhi sono tutti puntati sulla possibile affermazione di Marine Le Pen: con i socialisti al governo in picchiata nei sondaggi e la destra gollista che insegue, l"arrivo del Front National al ballottaggio sembra scontato. Solo qualche settimane prima si andrà al voto anche in Olanda, dove il Partito delle Libertà di Geert Wilders, con i suoi slogan contro l'invasione islamica e per chiedere l'uscita dall'Ue, potrebbe vedere un clamoroso successo dopo il crollo alle elezioni del 2012. In Germania le passate elezioni locali hanno visto l'affermazione del partito anti immigrati Afd (Alternativa per la Germania), guidata dalla giovane Frauke Petry, che ha eroso consensi prima di tutto alla Cdu di Angela Merkel che paga l'apertura delle frontiere nell'estate del 2015. E cresce l'inquietudine per le prossime elezioni nazionali del 2017.

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