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Due sinonimi della parola bacio che non esistono più

Quanti tipi di bacio esistono? Un’infinità. Eppure, per quanti che siano, dai più innocenti ai più appassionati, oggi abbiamo una sola parola per chiamarli: ‘bacio’. Ma non è stato sempre così.
A cura di Giorgio Moretti
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Ora, non ci si faccia trarre in inganno dalla suggestione romantica: il bacio non è un fenomeno antropologico universale, e in epoche e luoghi diversi ha avuto portate e significati diversi. Eppure, uno scorcio sui termini latini che ebbero il significato di ‘bacio' non è solo interessante: sa toccare alcune corde, alte e basse, dei meccanismi profondi della nostra cultura.
Vediamo allora quali fossero questi (tre) termini.

Osculum

L'osculum – il più elevato fra i tre termini che qui vediamo – era presso i latini il bacio puro, d'amicizia, affetto e rispetto (derivato di os, oris ‘bocca'). Era l'unico bacio che era lecito scambiarsi in pubblico, e che anzi era prescritto ci si scambiasse in certe formalità. In questo casto incontro di volti troviamo un segno fortissimo e canonizzato di vicinanza pacifica, ricca di considerazione.
Una peculiarità risaputa dell'osculum è la sua forte dimensione famigliare. E non era solo il bacio dato sulla bocca a un famigliare per casto affetto: all'interno della familia esisteva un vero e proprio diritto, lo ius osculum, che spettava ai familiari maschi di baciare sulla bocca le femmine – in modo da sincerarsi che non avessero bevuto.

Savium

Qui l'etimologia ci vellica con malizia. Il savium (o suavium) era il bacio erotico, infiammato di passione fin quasi alla volgarità. Purtroppo (?) il pudore resterà per secoli un valore molto considerato, nell'antica Roma – perfino nei rapporti coniugali. Insomma, anche nella più riposta intimità c'era da darsi una regola. Infatti il savium era associato alle pratiche erotiche più scomposte, da lupanare – sprezzate di giorno e gradite di notte. Ma oggi un suavium per strada non farebbe girare nessuno.

E il basium, da cui nasce il nostro bacio?

Basium

Il basium, di origine celtica, appare in latino in un secondo momento rispetto ai primi due. Aveva un valore intermedio, che partecipava tanto dell'affetto rispettoso quanto di una dimensione amorosa. E volano per il suo uso fu l'opera di Catullo, celeberrimo poeta d'amore vissuto nella prima metà del primo secolo avanti Cristo, che lo introdusse in poesia.
È stato forse per la sua versatilità che ha prevalso sugli altri. Rotti e consumati le formalità e i giudizi antichi che giustificavano una cesura, un solco di confine fra i diversi tipi di bacio – materializzato in una differenza di nomi – sopravvive il più adattabile. A che serve la parola osculum, se mutano i rapporti famigliari, se i riti si trasformano? A che serve savium, se i censori, se ancora ci sono, sono completamente trasfigurati?

Il modo in cui noi oggi viviamo il bacio – il toccare qualcuno o qualcosa con le labbra – è serenamente atipico. Si può dire che di base sia espressione di riconoscimento, declinato in rispetto, in affetto, in amore, in passione, e abbiamo certo in mente alcuni filoni di bacio, che specifichiamo nei loro caratteri (alla francese, a stampo, sul collo, alla mano, alla veste, alla statua). Ma per afferrare tutta la vastità di quest'atto abbiamo sempre solo una parola.
Ci resta il bacio, e forse tanto basta.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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