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L’onorevole prigioniero della Casta: da 2 anni vuole dimettersi, ma il Senato nega l’autorizzazione

L’onorevole Giuseppe Vacciano, eletto nel 2013 con il Movimento 5 Stelle, da due anni cerca di dimettersi da senatore ma Palazzo Madama continua a respingere la sua richiesta. Costretto a rimanere in carica contro la sua volontà, Vacciano racconta a Fanpage.it la sua kafkiana battaglia.
A cura di Charlotte Matteini
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giuseppe vacciano

UPDATE Con 65 voti a favore, 138 contrari e qualche astenuto, il Senato ha rifiutato nuovamente la richiesta di dimissioni dell'onorevole Vacciano. “Ormai ho terminato le parole per commentare. L’Aula non ha interesse a farmi dimettere, ma io sono più testardo e continuerò la mia battaglia”, ha commentato il parlamentare.

Una vicenda kafkiana che va avanti ormai da oltre due anni. Era il 22 dicembre del 2014 quando il senatore Giuseppe Vacciano, eletto nel 2013 nelle file del Movimento 5 Stelle, in seguito alla decisione di lasciare il M5S per divergenze di metodo, rassegna le sue dimissioni al Senato, chiedendo di poter rimettere il mandato elettivo e lasciare il posto al primo non eletto in lista. Giunto ormai alla quarta votazione in Aula, la richiesta di dimissioni viene costantemente respinta dai colleghi di Palazzo Madama, che in questo modo lo costringono a rimanere al suo posto nonostante la volontà di abbandonare il mandato per una questione di principio sia stata chiaramente espressa più volte da quel dicembre 2014. "Io ho fatto un patto con i miei elettori, non con Grillo o Casaleggio, e nel momento in cui decido di dimettermi perché desidero porre fine all'esperienza con il Movimento 5 Stelle, trovo giusto lasciare anche la carica da Senatore che ho ottenuto grazie a chi mi ha votato non in quanto Giuseppe Vacciano, ma esprimendo una preferenza elettorale per il M5S", spiega il senatore a Fanpage.it.

Da due anni, dunque, l'onorevole Vacciano ripetutamente presenta la richiesta di dimissioni e ripetutamente provvede a sollecitare il presidente Pietro Grasso e tutti i capigruppo chiedendo di poter essere libero di lasciare la propria poltrona per tornare al suo impiego in Banca d'Italia. La richiesta finora è stata calendarizzata 3 volte, la quarta è prevista per mercoledì 25 gennaio, e per tre volte è stata respinta a scrutinio segreto. Nulla da fare, dal dicembre 2014 il senatore sembra vestire i panni di un moderno Don Chisciotte che insiste nel voler sfidare i mulini a vento di Palazzo Madama.

Per quale motivo ha deciso di lasciare il Movimento 5 Stelle?

Diciamo che la creazione del direttorio fu un elemento, ma la decisione l'ho presa perché rispetto al passato il Movimento 5 Stelle stava prendendo una direzione che non condividevo. In generale da quando ho iniziato a fare attivismo – io sono entrato nei meetup fin dal 2008, nel 2011 mi sono candidato a sindaco della mia città sempre con il Movimento 5 Stelle, ho vissuto il M5S sin dagli inizi ma poi c'è stata un'evoluzione abbastanza lontana dallo spirito iniziale del Movimento 5 Stelle e io non mi sono più ritrovato nel modo di agire. Continuo a condividere le battaglie che fanno sul piano politico, però il metodo del Movimento 5 Stelle è completamente saltato con il tempo.

Lei non ha mai pensato in questi due anni di odissea di tornare sui suoi passi e rientrare nel Movimento 5 Stelle?

Francamente no, anche perché io inizialmente avevo dato la disponibilità a rimanere nel gruppo parlamentare come elemento diciamo "di servizio", quindi continuando a lavorare con i colleghi, fino al momento delle dimissioni. Poi certo non potevo assolutamente immaginare che ci sarebbero voluti due anni. Io avevo lasciato a loro e a Beppe Grillo in quanto capo politico del Movimento la possibilità di scegliere, però comunque i parlamentari hanno deciso diversamente. Comunque ormai è una forza politica in cui non mi riconosco più, quindi non rientrerei.

Nonostante l'uscita, in questi anni lei ha comunque portato avanti le idee politiche del Movimento 5 Stelle e continuato a tagliarsi lo stipendio come da promessa elettorale

Sì, certo. Io prendo solo le indennità accessorie, quindi tutto quello che mi avanza una volta pagato il collaboratore, lo restituisco. Ma questo credo dovrebbe comunque essere indipendente dal gruppo politico di appartenenza. Quando sono stato eletto io non è che ho preso un impegno politico con Grillo o Casaleggio, ma con gli elettori che ho incontrato nel corso della campagna elettorale. Ho sposato alcune idee e alcuni principi che non cambiano. Ho preso l'impegno di rendicontare le spese e restituire la parte di stipendio eccedente, di perseguire le politiche del Movimento 5 Stelle e continuo a farlo. Tradire queste promesse sarebbe ingiustificabile.

Lei ha voluto dare le dimissioni perché sostanzialmente sostiene di aver fatto un patto con i suoi elettori, che l'hanno votata perché candidato del Movimento 5 Stelle, e dunque nel momento in cui lei ha deciso di abbandonarlo, ha preferito anche abbandonare la poltrona, corretto?

Sì, esatto. Questa poi è una condizione che io ho sempre premesso sin dall'ingresso in Parlamento, ma anche all'epoca della mia candidatura a sindaco nel 2011. Nel momento in cui mi fossi reso conto di essere ormai lontano dalle posizioni organizzative o politiche del Movimento 5 Stelle, avrei lasciato il posto a qualcun altro. Così è successo e io ho semplicemente mantenuto la promessa.

In un'intervista rilasciata a Repubblica qualche mese fa lei disse di sentirsi una sorta di prigioniero dello Casta. Vorrei capire: ma per quale motivo secondo lei i colleghi senatori continuano a rifiutare la sua richiesta di dimissioni?

Sinceramente io questa domanda me la sono posta ogni volta in occasione della discussione in Aula. Io credo che molti considerino inaccettabili le dimissioni politiche. Non ho problemi di famiglia, non ho problemi di salute, quindi praticamente non ho alcuna motivazione se non di tipo politico. Quando sono stato eletto, le persone hanno messo una croce sul simbolo, nessuno avrebbe votato Giuseppe Vacciano in quanto Giuseppe Vacciano, quindi a questo punto mi sembra giusto restituire il mandato. Il problema è che sembra che questa mia posizione sia considerata inaccettabile perché probabilmente viene vista come una sovra-interpretazione delle garanzie costituzionali.

Un'interpretazione legata al vincolo di mandato

Sì, però l'assenza di vincolo di mandato dovrebbe consentire a qualunque parlamentare di agire liberamente, quindi anche nel caso di restituzione dell'incarico, mentre invece viene interpretato in maniera restrittiva, obbligando un parlamentare a portare il proprio mandato fino a fine legislatura.

La quarta votazione è stata calendarizzata per mercoledì 25. Come andrà secondo lei?

Mi auguro di averli convinti definitivamente. Immagino che se non avessero voluto votare positivamente avrebbero evitato di calendarizzare la richiesta. Ovviamente tutto può succedere, però io obiettivamente ho finito le parole, non saprei proprio più che dire.

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