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Opinioni

L’interpretazione del giudice per le domande di spoglio e molestie del possesso

La Cassazione del 14.4.2015 n. 7480 ha stabilito che non viola il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato il giudice che, nell’esercizio del potere di interpretazione della domanda, senza mutare gli elementi obiettivi fissati dall’attore, dispone la cessazione della turbativa (1170 cc) anziché la reintegrazione nel possesso (1168 cc), dato che la mera turbativa costituisce un minus rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione nel possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso.
A cura di Paolo Giuliano
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Due problemi sono sempre ricorrenti, quando si tratta di azioni di spoglio (1168 c.c. azione di reintegrazione) o molestie (1170 c.c. azione di manutenzione): la legittimazione relativa all'esercizio della azione e  l'interpretazione della domanda, quest'ultimo elemento compre due ulteriori elementi: l'individuazione degli elementi che distinguono la domanda di spoglio da quella di molestia e, di conseguenza, i limiti entro cui deve tenersi il giudice per non sostituirsi (integrando) l'attività di una delle parti (c.d. conformità tra chiesto e pronunciato).

Quanto alla legittimazione (attiva e passiva) la soluzione della questione dipende molto dalla situazione concreta. Infatti, l'azione di reintegra potrebbe riguardare un bene in comproprietà o in comune tra più soggetti e lo spoglio o la molestia potrebbe essere posta in essere solo da uno dei comproprietari o da tutti i comproprietari (in questa ipotesi tutti i possessori o comproprietari sono litisconsorti necessari del procedimento). Senza considerare che in presenza di bene comune occorre coordinare l'art. 1102 c.c. con l'art. 1168 c.c. e 1170 c.c.

Nulla esclude che il bene oggetto dell'azione sia trasferito (venduto donato) prima dell'inizio del procedimento o nelle more del procedimento, allora, oltre ad una questione di legittimazione per la domanda o di successione nel processo ex art. 111 cpc, in queste situazione si pone anche un problema di opponibilità ai terzi dell'eventuale provvedimento possessorio ottenuto.

Cos', cme nulla esclude che il bene oggetto del procedimento possessorio sia data in locazioneè sufficiente osservare che la legittimazione all'azione di reintegrazione attribuita dall'art. 1168 comma 2 c.c. al detentore qualificato non esclude quella del proprietario possessore, il cui possesso continua ad essere esercitato, ai sensi dell'art. 1140 co. 2 c.c., "per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa".

Le problematiche sono numerose, anche volendo sorvolare sulle questioni relative ai termini di decadenza entro cui proporre le due azioni e sulla rilevabilità (o meno) d'ufficio delle eventuali decadenze o su tutte le questioni relative all'attuazione / esecuzione dei provvedimenti possessori.

Il problema interpretativo delle domande relative allo spoglio o alla è dovuto anche per le difficoltà di distinguere tra spoglio e molestia, infatti,  anche volendo cercare una distinzione seguendo il principio per il quale integrano spoglio (1168 c.c. azione di reintegrazione) gli atti che privano il possessore o il detentore della disponibilità o del godimento dell'intera cosa o di parte di essa, mentre sono da qualificarsi come molestia (1170 c.c. azione di manutenzione ) quei comportamenti che non incidono sul bene (inteso in senso materiale), ma impediscono l'esercizio del potere di fatto su di essa o lo rendono più difficoltoso  (Cassazione del 30.5.2014 n.12258), risulta pacifico che, in concreto è difficile distinguere le due situazioni, così come è difficile formulare domande che individuano esattamente la fattispecie.

In questo contesto assume rilievo il principio (che – di fatto – è un limite) ai poteri del giudice della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in altri termini, in sede di interpretazione della domanda il giudice deve sempre stare attendo a non eccedere rispetto le domande proposte dalle parti.

In concreto se la domanda posta dalla parte ha ad oggetto il ripristino dell'esercizio di una servitù secondo le modalità poste dal titolo, ed il fatto dedotto dalla parte rimane sempre immutato, la diversa interpretazione della domanda come molestia o come spoglio, abbia introdotto una nuova causa petendi, considerato che tale elemento della domanda non va desunto dalla qualificazione conferita dalla parte, bensi dal fatto, giuridicamente rilevante, addotto a sostegno della stessa, la cui qualificazione compete, in ultima analisi, in base al bimillenario principio iura novit curia al giudice.

Quindi, per quanto attiene ai rapporti tra le azioni di spoglio e manutenzione nel possesso, questa Corte ha precisato che "non viola il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato il giudice che, nell'esercizio del potere di interpretazione della domanda, senza mutare gli elementi obiettivi fissati dall'attore, dispone la cessazione della turbativa anziché la reintegrazione nel possesso, dato che la mera turbativa costituisce un minus rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione nel possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso".

Cass., civ. sez. II, del 14 aprile 2015, n. 7480 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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