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L’integralismo economico sta uccidendo la cultura

Se l’unico valore del libero mercato è lo scambio, il denaro resta l’unico simbolo della nostra epoca. Tra le figure più emblematiche della desimbolizzazione ci sono le banconote dell’euro su cui sono rappresentate strutture vuote e astratte.
A cura di Diego Fusaro
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L’integralismo economico oggi imperante opera in vista dell’integrale desimbolizzazione e, dunque, con la sintassi di Carl Schmitt, della “neutralizzazione” di ogni risorsa simbolica di senso che non sia quella economica concorrenziale.

Sancendo l’uguale illegittimità di tutte le figure tradizionali dell’autorità (etica borghese, legame religioso, figura del padre), delegittima le ultime isole di resistenza all’onnimercificazione: e, per questa via, favorisce il compimento del nichilismo della società del mercato, in cui l’unico valore è quello di scambio e il solo simbolo superstite è il denaro.

Sulla scia delle Filosofia delle forme simboliche di Cassirer, l’uomo è un animal symbolicum, poiché oltre al sistema ricettivo e a quello ricreativo, presenti in tutte le specie animali, è dotato del sistema simbolico (linguaggio, arte, mito, e così via): in forza del quale, l’essente è sempre, per l’uomo, la risultante di una costruzione e di una mediazione simbolica operata dalla coscienza umana che si determina storicamente nelle culture.

La desimbolizzazione in atto tende a fare dell’uomo postmoderno una mera presenza che, alla stregua delle altre merci della sfera della circolazione, è e non esiste, nella forma di un puro atomo isolato, iperegoico e narcisista, senza sistema simbolico e culturale, senza prospettiva utopica e senza radicamento storico. Prigioniero del deserto simbolico che avanza, il suo immaginario è rioccupato integralmente dalla forma merce ed egli non è più in grado di pensare la propria storia, il proprio presente e il proprio futuro se non nell’orizzonte alienato e desimbolizzato dello scambio e della produzione di merci.

Secondo quanto sottolineato da Heidegger nei "Quaderni neri", “l’uomo moderno non ha più bisogno di alcun simbolo (Sinnbild)”, perché tutto è riassorbito nella potenza del produrre come sola sorgente di senso: sopravvive unicamente il livello dell’enticità come fondo di produzione e di traffico, e, per ciò stesso, “cade ogni possibilità e ogni necessarietà di un simbolo”. Il simbolo, infatti, allude sempre anche a un’alterità rispetto alla dimensione della pura datità e a ciò che semplicemente è: si pone come “una determinazione essenziale dell’essere che dovrebbe presentarsi nel totalmente altro del suo ente”.

Tra le più emblematiche figure della desimbolizzazione si registrano, senz’altro, le banconote della moneta unica europea, l’“euro”, sulle quali sono rappresentate strutture vuote e astratte, senza cultura e senza storia. L’euro è la forma paradigmatica dell’odierna uccisione della cultura e della sfera simbolica.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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