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L’Ilva ha chiesto la cassa integrazione per oltre 6mila operai

E’ questo il prezzo che Taranto e il suo stabilimento dovranno pagare per il programma di risanamento e bonifica, richiesto dall’Aia. I metalmeccanici resteranno a casa per 24 mesi.
A cura di Biagio Chiariello
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Taranto manifestazione per Ilva

L'Ilva ha comunicato ai sindacati di categoria che chiederà la cassa integrazione straordinaria nei confronti di 6.500 lavoratori (di cui 6.417 per lo stabilimento di Taranto, gli altri sono quelli degli impianti di Novi Ligure e Pratica di Mare). La richiesta è legata alle impellenze per la ristrutturazione nell’ambito della procedura per la bonifica degli impianti dettata dall'Autorizzazione integrata ambientale, che prevede anche la chiusura di alcune linee, in particolare l’altoforno 1 che è già chiuso, e l’altoforno 5 (il più grande d’Europa). La cassa dovrebbe iniziare il 3 marzo e avere durata di due anni. Questa la distribuzione fra le varie aree produttive: produzione ghisa 957 addetti, acciaierie 940, laminazione 1574, tubi e rivestimento 607, servizi di staff 1249, manutenzioni 1090. Nella prima fase riguarderebbe 4.444 metalmeccanici, ma nel secondo trimestre del 2014, si arriverebbe per a 6.417, appunto, il che comporterebbe la riduzione della produzione di circa due terzi, perché si passerebbe dal regime di 30 mila tonnellate di acciaio al giorno (oggi è di 18mila) a 10mila. Attualmente lo stabilimento di Taranto ha in cassa integrazione 2.600 lavoratori circa, per i quali la Cig scade il 2 marzo."Le cifre indicate dall'azienda per la cassa integrazione ci sembrano decisamente eccessive. In ogni caso faremo di tutto perchè il peso di questa situazione non ricada tutto sulle spalle dei lavoratori". È il primo commento del segretario provinciale di Taranto della Uilm, Antonio Talò, all'annuncio dell'Ilva di richiesta di cassa integrazione per i 6.500 lavoratori.

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