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Opinioni

L’assegno di mantenimento comprende anche i possibili sviluppi lavorativi

La Cassazione del 10.06.2014 n. 13026 ha stabilito che nella determinazione dell’assegno di mantenimento, (separazione e divorzio), occorre considerare anche gli eventuali miglioramenti della situazione economica del coniuge obbligato a versa l’assegno, se costituiscono sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio.
A cura di Paolo Giuliano
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In sede di separazione e divorzio, due sono le questioni che portano all'aumento della tensione tra i due coniugi: la gestione dei figli e l'assegno di mantenimento all'altro coniuge economicamente debole e ai figli (minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti).

Mentre,  il primo problema (relativo alla gestione dei figli) è stato, in parte, neutralizzato dal legislatore prevedendo l'affido condiviso (e rimane aperta solo la questione del diritto di abitazione della casa familiare). La seconda questione (mantenimento) può essere, tranquillamente, descritta, come un "bagno di sangue". Sono molteplici i motivi che confermano le difficoltà di trovare un accordo "sereno" relativamente al supporto economico.

Basta pensare che al momento della separazione e del divorzio il reddito complessivo della famiglia si riduce almeno del 50% (in quanto non ci sarà più l'apporto totale di uno dei due coniugi), inoltre, aumenteranno le spese di uno dei due coniugi, infatti, uno dei due coniugi dovrà far fronte a spese prima non previste (es. nuova locazione per abitare, nuove oneri condominiali, nuove bollette luce, gas ecc.).

Ecco, quindi, che la soluzione giudiziale (cioè non amichevole) per la quantificazione dell'assegno di mantenimento diventa (purtroppo) la strada principale, Occorre osservare che anche quando si è ottenuta (in qualsiasi modo) una quantificazione dell'assegno di mantenimento, la soluzione resta precaria, infatti, potrebbero intervenire altri fattori che possono incidere sull'originaria quantificazione dell'assegno, basta pensare ad una nuova convivenza (semmai proprio nella casa di abitazione intestata all'ex coniuge) o al sopraggiungere di altri figli.

Quelli sopra descritti, sono eventi naturali che possono capitare, ma, molto spesso, intervengono eventi non naturali, come i mutamenti legislativi o giurisprudenziali che "rimescolano" le carte in tavola. L'elemento che ci permette di approfondire questo aspetto (e il tema degli elementi che concorrono a quantificare l'assegno di mantenimento) è proprio quello relativo all'inclusione (o meno) dei regali ricevuti da uno dei coniugi (da alcuni parenti) nella quantificazione del reddito familiare al fino della quantificazione dell'assegno di mantenimento e dell'aspettativa relativa alla progressione della carriera di uno dei due coniugi.

Quanto ai regali ricevuti da uno dei coniugi, la Cassazione del 31 ottobre 2012 n. 18708  si era espressa nel senso che non è equiparabile ad un introito derivante da attività economica e, quindi, non sono  elementi da valutare ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento  gli aiuti (veri e propri regali) che uno dei coniugi riceve dai propri parenti, posto che non ha diritto ad ottenere (o pretendere) tali aiuti  (di fatto, si tratta di vere e proprie donazioni).

Ecco, che interviene uno di quelli eventi naturali che sconvolgono il quadro di riferimento, infatti, con una precisazione la Cassazione del 10 giugno 2014 n. 13026 ha stabilito che i regali (o gli aiuti economici) ricevuti dai coniugi possono essere valutati ai fini della quantificazione del tenore di vita tenuto dai coniugi durante il matrimonio, ma gli stessi aiuti economici (regali) non devono essere considerati ai fini della quantificazione del reddito del soggetto obbligato alla corresponsione dell'assegno di mantenimento.

Anche in presenza di questa sottile differenza, non si può non rilevare l'incongruenza presente in tale decisione, poiché   – di fatto – l'assegno di mantenimento permette ad un coniuge di godere (anche dopo il matrimonio) degli aiuti (regali) ricevuti dall'altro coniuge durante il matrimonio (che concorrono ad determinare il tenore di vita della coppia), ma che il coniuge non ha diritto di pretendere (in quando non obbligatori).

Altro elemento che l'assegno di mantenimento deve considerare (comprendere) è quello relativo ai possibili e naturali sviluppi della vita lavorativa del coniuge obbligato. Per sviluppi lavorativi si intende non solo l'aumento di reddito legata (o meno) alla carriera del coniuge, ma anche un diverso lavoro (o un nuovo lavoro) che potrebbe essere ottenuto, ad esempio, al termine di un ciclo di studi.

Questi sviluppi della vita lavorativa del coniuge obbligato all'assegno devono sussistere durante l'intero matrimonio, (nel caso di specie il coniuge obbligato al mantenimento durante tutto il matrimonio stava completando gli studi – sembra in medicina – e dopo la fine dal matrimonio era stato assunto dalla p.a. come medico) non è possibile nutrire aspettative per un nuovo lavoro ottenuto dopo il matrimonio, in altri termini, se dopo la fine del matrimonio il coniuge si mette a studiare e vince un ambito concorso, su questa nuova situazione l'ex coniuge non può nutrire aspettative.

Naturalmente, l'assegno di mantenimento non potrà contenere un reddito futuro e non potrà essere parametrato (una percentuale) di un reddito che ancora no esiste, ma sarà quantificato sul reddito attuale del coniuge obbligato al versamento e rispetto a questo reddito (reale ed attuale) sarà più alto (rispetto casi simili) in considerazione dei prevedibili e naturali sviluppi della vita lavorativa del coniuge obbligato al mantenimento.

Cass. civ. sez. VI- 1, del 10 giugno 2014 n. 13026 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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