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L’arcivescovo: “La morte di Erika sarà un marchio sui responsabili del caos di Torino”

La 38enne di Domodossola, rimasta travolta dalla folla di piazza San Carlo sabato 3 giugno, non ce l’ha fatta. Intanto la Procura cambia lʼipotesi di reato del fascicolo contro ignoti: da lesioni a omicidio colposo.
A cura di Biagio Chiariello
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“È un momento difficile, siamo molto scossi...”. Sono le parole di Cristina Pioletti, sorella di Erika, la trentottenne di Domodossola, scomparsa dopo essere rimasta schiacciata nella calca di piazza San Carlo a Torino la sera del 3 giugno, quando insieme al fidanzato stava guardando la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. “Siamo stanchi, tanto stanchi”, aggiunge la sorella, quasi a voler allontanare da sé e dai familiari l'attenzione dei media dopo il dramma che ha colpito Erika. Intanto questa mattina presto il sindaco di Torino Chiara Appendino ha incontrato i genitori della vittima – papà Giulio e mamma Anna Fontana – davanti al San Giovanni Bosco. La prima cittadina, che ha dichiarato il lutto cittadino dopo il decesso di Erika, ha espresso tutto il suo cordoglio anche al fidanzato della sfortunata ragazza, Fabio Martinoli.

La famiglia Pioletti aveva deciso l’espianto degli organi per la loro cara. Ma purtroppo l’ultimo desiderio dei genitori di Erika non potrà essere realizzato. La procura di Torino ha stabilito infatti che sul corpo della donna sarà effettuata un’autopsia nel corso della giornata. Dal momento che la magistratura ha ordinato che la salma resti a disposizione dell'autorità giudiziaria, la volontà dei familiari della vittima non potrà essere rispettata. La stessa procura torinese ha poi modificato l'ipotesi di reato contestata: da lesioni plurime anche gravissime a omicidio colposo. Il procedimento avviato riguarda anche le possibili “omissioni” di coloro che quella sera avrebbero dovuto garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica.

Sul caso di Erika Pioletti è intervenuto anche l’arcivescovo di Torino, monsignor Nosiglia: "La morte di Erika aggrava ancora più profondamente il giudizio già severo formulato dopo quanto è accaduto. La ferita al cuore stesso della città resterà come un marchio che pesa sulla nostra coscienza di cittadini e su quanti sono stati la causa diretta o indiretta degli assurdi incidenti". E aggiunge: "Oggi comunque – prosegue monsignor Nosiglia – non è tempo di sterili polemiche o accuse o promesse che la cosa non accadrà più: l'inchiesta avviata farà il suo corso e trarrà le conseguenze in ordine alle gravi responsabilità di ciascuno. Ora invece è il momento della solidarietà di tutta la città, che è chiamata a stringersi attorno alla famiglia di Erika per un abbraccio fraterno a lei e ai suoi cari, insieme alla preghiera e al ricordo incancellabile che porteremo nel nostro cuore per sempre".

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