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L’Arabia Saudita ha un sogno: non dipendere più dal petrolio

Mohammad bin Salman, vice principe ereditario dell’Arabia Saudita, sogna di riuscire a rescindere la dipendenza dal petrolio del suo paese entro il 2030. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare di difficoltà che dovranno essere superate…
A cura di Luca Spoldi
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Mohammed bin Salman, attualmente vice principe ereditario dell’Arabia Saudita, sembra avere una visione drammatica del futuro a cui il suo paese andrà incontro se non verranno presi adeguati provvedimenti: attraverso il piano “Vision 2030”, presentato ieri, il principe ha fissato l’obiettivo di riuscire a fare “vivere senza il petrolio a partire dal 2030” il suo paese, che attualmente dipende dalla vendita dell’oro nero per il 70% del Pil.

Non solo: il principe vuole far salire il peso delle piccole e medie imprese al 35% del Prodotto interno lordo entro il 2030, vendere una piccola quota (da tempo si parla di un 5%) di Saudi Aramco, la maggiore compagnia petrolifera mondiale che valutazioni prudenziali stimano poter valere tra i 1.500 e i 2.500 miliardi di dollari, e, ultimo ma non meno importante, dare vita al più grande fondo sovrano al mondo, il Public Investment Fund, il cui capitale complessivo dovrebbe salire a regime ad oltre 2 mila miliardi di dollari.

Definire il piano ambizioso è ancora poco: se Mohammed bin Salman riuscirà nel suo scopo non solo potrebbe accreditarsi come futuro sovrano del principale produttore mondiale di petrolio, ma diventerebbe il leader di riferimento del Medio Oriente, facendo apparire il processo di rebilanciamento dell’economia cinese in corso da anni poco più di un’allegra scampagnata. Ad oggi il legame tra Riad e petrolio è a dir poco fondamentale: l’Arabia Saudita, intesa come stato moderno, venne fondata appena sei anni prima della scoperta di enormi riserve di petrolio nei pressi della costa del Golfo Persico, nel 1938.

L’industria delle materie prime e i servizi pubblici (in gran parte finanziati coi proventi del petrolio) costituiscono al momento oltre la metà del Pil, nonostante il prezzo del greggio si trovi nel mezzo del più grande tracollo dei prezzi mai registrato dal 19esimo secolo ad oggi. Che speranze hanno le Pmi private arabe di crescere così tanto da compensare il graduale disimpegno dal settore petrolifero che Mohammed bin Salman auspica nel prossimo quindicennio?

L’agenzia Bloombeg ha fatto notare come di 151 società arabe di cui sono disponibili dati di bilancio, 119 (quasi l’80%) presentano un Roi (ritorno sul capitale investito) inferiore al proprio costo del capitale, ossia in soldoni non riescono neppure a ripagare gli investimenti in esse profusi. Le restanti 32 compagnie (profittevoli) hanno prodotto negli ultimi 12 mesi qualcosa come 35,5 miliardi di dollari che può sembrare tanto, essendo in media oltre un miliardo di dollari a testa, ben più di quanto mediamente riescano a produrre le Pmi in Italia e non solo, ma pur sempre rappresenta poco più del 5% a fronte di un Pil di oltre 653 miliardi di dollari come quello dell’Arabia Saudita.

Ultimo ma non meno importante problema, negli ultimi 15 anni il settore privato non legati al petrolio è riuscito a crescere più del settore petrolifero otto volte, quattro delle quali negli ultimi quattro anni in coincidenza con l’esplodere della crisi petrolifera. Il settore non petrolifero statale ha fatto anche peggio, essendo cresciuto più del settore petrolifero solo sei volte (anche in questo caso quattro volte sono riferite agli ultimi quattro anni).

Non è dunque detto che gli investimenti su cui punterà il Public Investment Fund si riveleranno profittevoli almeno quanto quelli petroliferi che dovrebbero gradualmente soppiantare. Il sogno di Mohammed bin Salman di un’Arabia Saudita non più dipendente dal petrolio è dunque di quelli ad alto rischio di irrealizzabilità, eppure altre scelta non sembra possibile, se non nel prossimo quindicennio, estendendo lo sguardo ai prossimi decenni.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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