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L’amore assassino di Erika e Omar: Il delitto di Novi Ligure

La sera del 21 febbraio 2001 in una villetta di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, in Piemonte, i carabinieri scoprono una scena da mattatoio. Novantasette coltellate hanno straziato e ucciso Susy Cassini e Gianluca De Nardo, madre e figlioletto di 11 anni. Per il delitto verranno condannati Erika, figlia e sorella delle vittime e Omar, il suo fidanzato.
A cura di Angela Marino
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In procura avevano cominciato a chiamarla il ghiaccio, per il contegno controllato con cui, a 16 anni, descriveva il volto degli assassini di sua madre e del fratellino di 12 anni. Accurata, precisa, lucida: aveva disegnato lei stessa circa 20 identikit degli albanesi che la sera del 21 gennaio 2001 avevano invaso casa De Nardi come barbari e l’avevano ridotta a un mattatoio, con i corpi di una donna e di un bambino deturpati a coltellate.

Mamma e figlio massacrati

La Procura di Alessandria cercava il mostro mentre l’unica superstite alla strage di via Dacatra, a Novi Ligure, si gettava nelle braccia del papà, anche lui scampato al massacro perché fuori casa. Nonostante il racconto di Erika fosse coerente e completo, però, alcuni particolari non quadravano. E non erano pochi. Perché i banditi avrebbero dovuto arrischiarsi in una rapina proprio alle 22, in quartiere tranquillo come Lodolino, dove nelle villette a due piani le famiglie, a quell'ora, si sono già ritirate per la cena? Perché sulla porta d'ingresso non c’erano segni di effrazione? E soprattutto, perché i rapinatori avrebbero dovuto accanirsi contro le vittime con tale ferocia? Novantasette coltellate sono troppe per accontentarsi delle risposte semplici.

Il delitto di Novi Ligure

I TG continuavano a rimandare sempre le stesse immagini che andavano come un rullo impazzito che raschiava ogni volta uno strato di dolore, di paura, di rabbia. La folla sconvolta, le volanti con i lampeggianti accesi davanti al civico 12 e il procuratore capo di Alessandria, Carlo Carlese, che commentava, provato, sotto il suo borsalino: “È uno degli episodi più feroci che abbia visto in vita mia”. Dietro la porta protetta dal cordone c’erano Susy Cassini, 42 anni, sventrata da 40 coltellate e, al piano di sopra, immerso in una vasca di sangue il piccolo Gianluca, straziato da 57 coltellate. Quelle immagini avevano avuto un effetto violento sulla comunità della piccola Novi Ligure, 30 minuti da Alessandria in una provincia arricchita dalla crescita dell’industria locale.

La caccia agli albanesi

La gente di Novi invocava la forca per i crudeli albanesi che avevano distrutto una famiglia. Mentre i Ris, guidati dall’allora capitano, Luciano Garofano, rilevavano ogni particolare nella villetta, il procuratore Carlese decideva di condurre Erika sulla scena del crimine in compagnia dell suo fidanzato, Mauro Favaro, detto ‘Omar', convocato perché desse sostegno morale per la ragazza. Appena il sopralluogo fu concluso tornarono in Procura, dove Carlese decise di lasciare i ragazzi soli per circa cinque ore in una stanza, mentre li osservava con una telecamera. Aveva bisogno di allontanare quei terribili dubbi che, dai primi interrogatori, lo tormentavano.

Intercettati

La telecamera riprese i due ragazzi che si stringevano, si abbracciavano, parlavano sottovoce. Omar aveva paura, la fidanzata lo rassicurava: “Non andrai in prigione, mi credono, sono l’unica testimone”. Tra effusioni e sussurri, uscivano parole sconcertanti. Poi Erika prese a mimare con il braccio una coltellata chiedendo: “Ma quante gliene hai date?”. “Assassina”, fece lui .“No, assassino sei tu”. I due carnefici erano lì, erano sempre stati lì, confortati dal cordoglio collettivo e assistiti dalla polizia. Eccoli: 16 e 18 anni, studenti delle scuole superiori e figli della piccola borghesia di Novi. La soluzione del delitto, in questo caso, era anche peggiore del delitto stesso.

Erika e Omar in carcere

Il 23 febbraio, a due giorni dal massacro, Erika e Omar vennero arrestati. La notizia venne data dai giornali, le facce dei ragazzini e i loro nomi occuparono i le prime pagine dei quotidiani. “Vogliamo vederla in faccia” era la voce che si alzava dalla folla assiepata davanti alla Procura. Il caso richiamava il precedente angoscioso di Doretta Graneris, assassina della sua famiglia (genitori, fratellino e nonni) insieme al fidanzato, Guido. Era il 1975, i giornali la chiamarono “La belva di Vercelli”. Nel 2001 la dialettica dei media era cambiata e le etichette giornalistiche erano finite in soffitta insieme alle macchine da scrivere. Nella sensibilità comune lo sgomento aveva preso il posto del giudizio morale: una figlia può uccidere la madre, anche se è bella, generosa e dolce come Susy Cassini; può accoltellare a morte un bimbo di 12 anni, suo fratello, anche se piange disperato perché stanno facendo del male alla sua mamma. (continua)

L'amore assassino

La domanda più importante, dopo aver scoperto chi, era perché. Secondo gli psichiatri, Erika e Omar erano legati da un rapporto totalizzante e morboso. Sicura di sé, fredda e determinata, lei; fragile e passivo, lui, avevano formato una coppia omicida. Il piano era stato messo a punto con cura nel corso di settimane e settimane, ma, se si escludono i conflitti tra genitori e figli di quell'età, il movente restava oscuro. Omar diceva di aver agito su pressione della fidanzatina; Erika di non aver preso parte al massacro e di aver visto il fidanzato uccidere la propria famiglia. La sentenza non si sarebbe fatta attendere. Nel 2001 Erika De Nardo venne condannata a 20 anni di reclusione e Omar, a 16. A nessuno dei due venne riconosciuta la seminfermità mentale. Quando si aprirono le porte del carcere, Erika avviò una fitta corrispondenza con amici e amiche di Novi e con una folta schiera di macabri fan che si dichiarano innamorati di lei. Anche da dietro le sbarre il ghiaccio continuava a emanare un tenebroso fascino. Si fidanzò con il DJ, Mario Gugole, che conobbe un periodo di discreta popolarità. Mori tragicamente nell'ottobre 2008, in un incidente stradale.

Erika e Omar da adulti
Erika e Omar da adulti

Erika e Omar oggi

Oggi Erika De Nardo e Omar Favaro hanno scontato la loro pena e sono liberi. Francesco De Nardo, marito e padre delle vittime, ha riaperto la villa del massacro non appena è scattato il dissequestro. Ha cancellato l'orrore dalle pareti con qualche colpo di spatola ed è tornato a vivere in quella casa. L'ingegnere De Nardo ha sostenuto Erika durante i lunghi anni di carcere, mentre quella ragazzina narcisista e introversa diventava donna all'ombra delle sbarre. Oggi che Erika si è laureata in filosofia e si è sposata, la sua vita continua a girare intorno a suo padre. In fondo, era quello che lui le aveva implicitamente promesso dopo la tragedia, quando abbracciandola in lacrime le disse: "Mi sei rimasta solo tu".

Francesco De Nardo
Francesco De Nardo
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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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