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L’acqua resterà pubblica, la Consulta boccia le norme anti referendum

La Corte costituzionale ritiene illegittime le norme sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici varate dal governo Berlusconi all’indomani dei referendum del 2011 perché ripropongono le stesse leggi appena cancellate dalla volontà popolare.
A cura di Antonio Palma
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L'acqua resterà pubblica, la Consulta boccia le norme anti referendum

L'acqua resterà pubblica come hanno deciso i cittadini italiani nel referendum del 12 e 13 giugno 2011. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n.199 depositata venerdì che sancisce in sostanza l'illegittimità delle norme varate dal Governo Berlusconi nello scorso agosto. Le norme sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali previste dall'articolo 4 del decreto legge n.138 varato dal governo Berlusconi proprio per bypassare la decisione popolare, per i giudici costituzionali solo la riscrittura se non la copia delle stese norme abrogate dal referendum e dunque illegittime. Secondo la sentenza della Consulta, infatti, i provvedimenti voluti dal precedente Governo e impugnati davanti alla corte da sei Regioni, violano il divieto del ripristino di norme abrogate per volontà popolare tramite referendum come stabilito nella Costituzione. "Risulta evidente l'analogia, talora la coincidenza e l"identità della ratio ispiratrice" tra la vecchia legge abrogata e le nuove misure contenute nella manovra-bis, spiegano i giudici nella sentenza, dunque il provvedimento "costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum" ed è illegittimo.

Insomma non si possono riproporre le stesse leggi a meno di un mese dalla loro cancellazione per via referendaria. Cantano vittoria i promotori dei referendum e i movimenti per l'acqua pubblica che parlano di sentenza che "restituisce la voce ai cittadini italiani e la democrazia al nostro Paese". Per la sentenza, non è solo l'acqua a dover rimanere pubblica ma anche gli altri servizi pubblici locali visto che "l’intento abrogativo espresso con il referendum riguardava pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica". Con questa sentenza decadono così anche tutte le successive modifiche al provvedimento originario comprese quelle previste dal decreto Cresci Italia del Governo Monti. Un risultato importante per i comitati dell'acqua pubblica che lo considerano "un monito al governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni, affinché l’acqua e i servizi pubblici rimangano pubblici".

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