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L’83% degli italiani vorrebbe ripristinare i controlli alle frontiere

Secondo il sondaggio condotto dall’istituto demoscopico di Ilvo Diamanti per Repubblica, l’83% degli italiani vorrebbe tornare ai controlli alle frontiere.
A cura di Charlotte Matteini
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Brennero, confine tra Italia e Austria (@LaPresse).

Secondo un sondaggio condotto dall'istituto Demos per Repubblica, gli italiani vorrebbero tornare indietro alle care vecchie frontiere pre-Schengen. Stando ai dati divulgati da Ilvo Diamanti, il sentiment degli italiani verso l'Unione europea si sarebbe di molto raffreddato, dal 2000 a oggi.

Se da un lato prima dell'entrata dell'Italia nell'Ue gli italiani accoglievano come positive le novità introdotte dai trattati europei e dall'ingresso dell'Italia nell'area Euro. Negli ultimi anni, però, causa crisi, l'Europa è vista da molti italiani come una sorta di carrozzone inutile e solo il 27% degli intervistati, oggi, esprime fiducia nell'Istituzione. Renzi, che nel corso delle ultime settimane sta cercando in ogni maniera di ottenere più flessibilità sui conti pubblici e aiuti per quanto riguarda l'accoglienza migranti, sta mettendo in campo ogni azione possibile per recuperare i voti degli incerti, degli euro-scettici ma non troppo, quelli che davanti all'Europa storcono un po' il naso, ma alla fine pensano che rimanere nell'Unione porti più vantaggi che svantaggi al Belpaese.

Nonostante la quota di tiepidi euroscettici superi quella dei duri e puri che preferiscono l'uscita dall'Ue senza se e senza ma nel più breve tempo possibile, il percorso di unificazione dei 27 stati membri lascia un po' insoddisfatti gli elettori italiani, ma non dal punto di vista economico, quanto da quello territoriale. Complice l'allarme terrorismo e i vari attentati che negli ultimi mesi hanno scosso l'Europa, solo il 15% degli intervistati da Demos pensa che ormai vada la pena mantenere ancora le frontiere libere così come prescrive il trattato di Schengen. La maggioranza degli intervistati, molto vicina alla maggioranza assoluta, invece pensa occorra sorvegliare le frontiere, come una volta. Controlli ai documenti e perquisizioni alla dogana, secondo il 48% degli intervistati, sarebbero dunque sì grattacapi dal punto di vista della fluidità del traffico e della conseguente dilatazione delle tempistiche di controllo alla frontiera, ma sarebbero però un male necessario, utile a garantire maggiore sicurezza ai cittadini dell'Unione europea. Un ulteriore 35%, invece, sarebbe favorevole al ripristino dei controlli ma solo in casi particolari. In tutto, dunque, dal sondaggio si evince che l'83% degli intervistati è favorevole a una modifica del trattato di Schengen.

sondaggio demos

"Questo sentimento si associa a orientamenti politici precisi. Raggiunge, infatti, livelli elevatissimi fra gli elettori della Lega (oltre 70%) e di Centro-destra (due terzi, nella base di Forza Italia). Ma incontra un sostegno ampio (quasi 50%) anche tra chi vota M5s. Mentre si riduce sensibilmente (sotto il 40%) nella base del Centro-sinistra. La richiesta di frontiere, peraltro, declina in modo particolare fra i giovani e gli studenti. Abituati a frequentare le Università europee, grazie al programma Erasmus", spiega Diamanti. Tra le ragioni che spingono gli italiani a richiedere un ritorno ai controlli pre-Schengen ci sarebbe il timore suscitato dagli immigrati. L'arrivo e la presenza di stranieri fa paura e questo alimenterebbe la richiesta di rafforzare i controlli dei confini nazionali.

Il sondaggio di Ilvo Diamanti è stato immediatamente ripreso da Matteo Salvini con un post sul blog Il Populista e un lancio su Facebook. Secondo il leader del Carroccio, la notizia sarebbe positiva per Lega: "Secondo un sondaggio pubblicato da ‘La Repubblica"‘(giornale non certo amico), l'83% degli italiani vuole CONTROLLI alle FRONTIERE, e la metà (48%) chiede l'abolizione del trattato di SCHENGEN e della libera circolazione delle persone…EUROIDIOTI, complici dell'invasione, il Popolo vi spazzerà via! #iovotono", si legge nel post pubblicato da Salvini.

Il referendum svizzero contro gli italiani

I primi effetti di un ritorno al passato si sono visti ieri, con il voto positivo dei ticinesi al referendum che – in maniera un po' leghista – chiedeva ai residenti se volessero porre dei limiti ai frontalieri italiani che da residenti in Italia chiedono di lavorare in Canton Ticino – pagati meno rispetto agli omologhi autoctoni. Il referendum è passato con il 58% di sì, e ora il governo centrale dovrà procedere ad accogliere l'istanza dei ticinesi. Nella zona lavorano ogni giorno circa 62mila frontalieri. Il testo sottoposto agli elettori chiede che sul "mercato del lavoro venga privilegiato, a pari qualifiche professionali, chi vive sul territorio" e al quesito la maggioranza degli svizzeri ha risposto affermativamente.

Sebbene la Svizzera non sia nell'Unione europea, il Paese ha comunque siglato un accordo di libero scambio con l'Unione europea il quale prevede delle facilitazioni per i cittadini Ue che vogliono lavorare in Svizzera e viceversa. “Referendum anti-frontalieri non ha per ora effetti pratici. Ma senza libera circolazione delle persone rapporti Svizzera-Ue a rischio”, ha commentato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ieri sera con un tweet. In seguito, il ministro degli Esteri ha parlato telefonicamente con Didier Burkhalter – il proprio omologo svizzero  – e avrebbe con lui commentato il risultato delle urne: "Il ministro svizzero ha confermato che il referendum di ieri nel Canton Ticino non avrà conseguenze immediate sui lavoratori frontalieri italiani e che la normativa sui lavoratori stranieri è attualmente all'esame del Parlamento nazionale". Da parte sua Gentiloni ha ribadito che ogni discriminazione nei confronti dei nostri frontalieri sarebbe un impedimento all'intesa tra UE e Svizzera. L'Italia è impegnata a favorire tale intesa che deve essere basata sui comuni interessi economici e sul comune riconoscimento del principio della libera circolazione delle persone", si legge nella nota diramata a margine del colloquio.

Il presidente della Regione Lombardia, il leghista Roberto Maroni, ha invece dichiarato: "spero non si traduca in una lesione dei diritti dei nostri concittadini lombardi o (peggio) nella introduzione di discriminazioni o violazioni delle norme che tutelano i nostri lavoratori”.

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