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Jobs Act, minoranza PD contro Renzi: “Tornati agli anni 50”. Alfano: “Avanti fino al 2018”

Da Cuperlo a Fassina e Civati la sinistra del Partito Democratico unanime nel giudicare negativamente il Jobs Act: “Quella di ieri non è stata una giornata storica. Non lo è stata se guardi le cose con gli occhi dei lavoratoti che sentono di aver perso qualcosa, della loro storia e dignità”.
A cura di Davide Falcioni
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Mentre Matteo Renzi esulta e definisce storica l'approvazione ieri del Jobs Act nel Partito Democratico – dopo la "quiete" determinata dall'elezione del Presidente della Repubblica – tornano scontri e polemiche. Così per Stefano Fassina quelle del governo sono scelte che rappresentano una "grave frattura e una ferita nei confronti del Parlamento". "E' stato ignorato il parere unanime delle commissioni su un provvedimento come quello del lavoro – ha aggiunto – E' stato uno schiaffo al gruppo parlamentare del Pd". Il democratico ha aggiunto: "Si è tornati agli anni Cinquanta. La propaganda di Renzi prende in giro i precari e procura un danno ai lavoratori". Dello stesso avviso Gianni Cuperlo, intervenuto (come Fassina) all'assemblea nazionale della Sinistra Dem: "Non credo che quella di ieri sia stata giornata storica. Non lo è stata se guardi le cose con gli occhi dei lavoratoti che sentono di aver perso qualcosa, della loro storia e dignità". "I decreti attuativi sul Jobs Act vedono da parte nostra un giudizio critico, anche perché il governo non ha ritenuto nemmeno di recepire quelle che erano delle raccomandazioni contenute nei pareri delle commissioni parlamentari". Cuperlo, in particolare, si riferisce ai provvedimenti sui licenziamenti collettivi.

Lapidario Pippo Civati: "Da quanto si apprende, il decreto sulle liberalizzazioni è un minibersani (più che una lenzuolata, un tovagliolo), mentre il Jobs Act era il provvedimento che aspettava da anni la destra. Che infatti festeggia. Meno di Bersani (sulle liberalizzazioni), più di Berlusconi (sul lavoro)". Anche Vendola fa eco a Civati: "Sacconi mi pare sia il vero vincitore di questa partita. Quel delitto sociale che non gli era riuscito quando era ministro di Berlusconi gli è riuscito in quanto partecipe di una maggioranza con il Pd. Questa controriforma ancora una volta conferma la trasformazione del Parlamento in un votificio. E' un vero peccato!".

Tirato in ballo Maurizio sacconi ha commentato: "Di fatto caduto lo Statuto dei Lavoratori – spiega l'esponente di Nuovo Centrodestra – diventa straordinariamente utile ad un mercato del lavoro tradizionalmente inibito dalla regolazione complessa e incerta offrire quanto prima il Testo Unico per il quale il Governo ha ricevuto specifica delega. Potremo chiamarlo Statuto dei Lavori".

In questo quadro anche Angelino Alfano, alleato di governo di Renzi, esulta: "Il cdm di ieri è il trionfo del nostro stare al governo. Il cdm di ieri sta a significare che è superato l'articolo 18. Chi aveva mai cancellato lo statuto dei lavoratori e l'articolo 18?". Il ministro degli interni lo ha detto intervenendo a Sestriere. "Noi siamo pronti a rinnovare il nostro patto in questo governo per andare avanti fino al 2018 – ha aggiunto il ministro dell'Interno – . Noi al presidente del Consiglio diciamo con franchezza che ci stiamo per i prossimi tre anni per fare le riforme, per andare avanti, per prendere decisioni come quelle del Consiglio dei ministri di ieri, che è stato il nostro trionfo. Noi dobbiamo andare avanti avendo le idee chiare. Nel rinnovato patto di governo con il presidente del consiglio  chiediamo un ‘family act', una legge a tutela delle famiglie. Come il jobs act è un traguardo storico, così riteniamo che la tutela delle famiglie, quelle composte da un uomo e da una donna, vadano tutelate".

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