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Jobs Act: i Giuristi Democratici denunciano Renzi alla Commissione Europea

Secondo l’associazione Giuristi Democratici il Jobs Act viola gravemente il diritto comunitario in materia di lavoro, prevedendo la cancellazione di ogni riferimento a “ragioni oggettive” che giustifichino il ricorso a contratti a tempo determinato e la loro proroga.
A cura di Davide Falcioni
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Che il cosiddetto Jobs Act voluto da Matteo Renzi avrebbe fatto discutere era noto. A sorprendere, invece, è il fatto che l'emanazione della legge abbia convinto l'associazione Giuristi Democratici a denunciare alla Commissione dell'Unione Europea lo Stato Italiano "in persona del suo Presidente del Consiglio dei Ministri Sig. Matteo Renzi, anche nella sua veste di rappresentante dell’organo di Governo che ha emesso sotto la sua responsabilità (come recita l’art. 77 della Costituzione italiana) il Decreto Legge". L'associazione ritiene che il decreto Renzi-Poletti, liberalizzando i contratti a termine ed eliminando nel contratto di apprendistato l’obbligo di formazione e di stabilizzazione al termine del contratto, violi gravemente la normativa comunitaria in materia, in particolar modo la Direttiva CEE 1999/70/CE sul contratto a termine, nonché con i principi fondamentali della Carta Sociale Europea e delle convenzioni dell’OIL.

Con l'introduzione del decreto Renzi-Poletti, infatti, il rischio è che la forma di gran lunga prevalente di accesso al mercato del lavoro diventi quella precaria, molto spesso sottopagata e priva di numerose tutele e diritti. L'associazione dei Giuristi Democratici rileva come " nonostante sulla materia dal 2001 ad oggi vi siano stati ben 12 interventi normativi pressoché tutti peggiorativi, il grado di definitiva precarizzazione dei rapporti lavorativi a cui giunge il Decreto 34/2014 (il cosiddetto Jobs Act, ndr) sia equiparabile solo alla normativa che sarebbe conseguita all’eventuale accoglimento della proposta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 18 aprile 1962, n. 230 (allora recante "Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato") depositata nel corso dell’anno 2000, avendo tale proposta —in caso di affermazione del quesito referendario— esattamente i medesimi effetti di introdurre nell’ordinamento italiano la possibilità di ‘poter instaurare sempre rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale'".

Il Jobs Act, fortemente voluto dal Presidente del Consiglio, prevede la cancellazione di ogni riferimento a "ragioni oggettive" che giustifichino il ricorso a contratti a tempo determinato e la loro proroga fino a 8 volte consecutive, prevedendo anche l'assenza di ogni limite al numero di contratti che il lavoratore può firmare (potenzialmente, il datore di lavoro può proporre al dipendente 36 contratti consecutivi e ben 288 proroghe). Questa tipologia di contratto, secondo i Giuristi Democratici, contrasta con la direttiva della Comunità Europea, che nel passaggio delle considerazione generali sostiene che "i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento".

Non solo: il cosiddetto Jobs Act violerebbe altri passaggi della normativa europea, che in effetti è stata stipulata allo scopo di prevenire "gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato". Tutto il contrario del decreto Renzi-Poletti, che di fatto precarizza "obbligatoriamente" la vita dei lavoratori per tre anni. La denuncia dell'Associazione Giuristi Democratici, a firma dell'avvocato Roberto Lamacchia e recante la firma del primo aprile, chiede alla Commissione Europea "di avviare nei confronti dello Stato Italiano la procedura di infrazione ai sensi dell’art. 259 TFUE e comunque di adottare tutti i provvedimenti di sua competenza".

La denuncia contro lo Stati italiano, e in particolare contro il premier Matteo Renzi, è stata appoggiata anche dal Movimento 5 Stelle e da Rifondazione Comunista.

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