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Jobs Act, Cgil: “La battaglia su art.18 non si ferma. Ripristinare diritto alla reintegra”

“Valuteremo le motivazioni della Consulta che non ha ammesso il quesito, ma è chiaro che per noi questo non ferma la necessità di un intervento su una norma che riguarda la libertà dei lavoratori”, ha spiegato Tania Sacchetti, della segreteria nazionale del sindacato.
A cura di Claudia Torrisi
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Manifestazione nazionale Cgil a Roma

Sul fronte della reintegra sul posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo "la battaglia non si ferma", mentre sui temi di voucher e appalti "è iniziata la campagna elettorale". È questa la posizione della Cgil all'indomani della pronuncia della Corte costituzionale sui tre quesiti proposti per un referendum sul Jobs Act: di questi, due sono stati ritenuti ammissibili – abolizione dei voucher e responsabilità in materia di appalti -, mentre il terzo – quello sull'articolo 18 – è stato cassato. Ma il no della Consulta, "non ferma la necessità di un intervento su questa norma", ha spiegato Tania Sacchetti, della segreteria nazionale della Cgil.

Vi aspettavate un rifiuto della Corte costituzionale sul quesito riguardante l'articolo 18?

Noi chiaramente pensavamo di aver rispettato tutti i criteri per l'ammissibilità. Valuteremo le motivazioni della Corte Costituzionale che non ha ammesso il quesito, ma è chiaro che per noi questo non ferma la necessità di un intervento su una norma che riguarda la libertà dei lavoratori attraverso la loro sicurezza del posto di lavoro. Quindi, a prescindere dal fatto che non potremo adire un referendum su questo tema, noi continueremo la nostra battaglia, le nostre rivendicazioni. E lo faremo sia attraverso la contrattazione, provando a ripristinare il diritto alla reintegra, sia anche valutando ulteriori iniziative legislative nei prossimi giorni, settimane e mesi.

C'è anche la possibilità, come accennato in conferenza stampa da Susanna Camusso, di adire alla Corte europea contro il diniego della Consulta?

Non abbiamo già formalizzato la decisione, ma è tra le valutazioni che abbiamo in campo. Il messaggio che deve passare è che questa battaglia non è una battaglia che ci vedrà fermare, perché c'è un punto di giustizia e dignità del lavoro che le norme sulle quali si è intervenuto negli ultimi anni sicuramente non rispettano.

Due dei tre quesiti proposti, però, sono stati ritenuti ammissibili: voucher e responsabilità in materia di appalti. 

Sì, e su quelli comincia per noi una grande campagna elettorale, che sarà molto impegnativa perché per la prima volta la Cgil ha proposto direttamente come organizzazione sindacale dei quesiti referendari.

Il referendum avrà lo stesso peso senza il quesito sull'articolo 18?

Siamo convinti di essere nel giusto: il tema dei voucher e quello degli appalti parlano delle condizioni di chi è per ragioni diverse maggiormente in difficoltà nel mercato del lavoro. Parlano a milioni di lavoratori. Quello che vogliamo fare sicuramente è ripristinare un principio di giustizia sociale e di condizioni di diritti che oggi non è rinconosciuto.

Proprio sul tema voucher il governo potrebbe intervenire per correggere il tiro. Questo potrebbe interferire con il referendum proposto dalla Cgil?

I quesiti referendari che abbiamo proposto sostengono una legge di iniziativa popolare che ha l'ambizione di riscrivere in toto il sistema del diritto del lavoro nel nostro paese. Noi non facciamo i referendum solo per fare i referendum. Valuteremo quello che verrà e i correttivi che verranno eventualmente portati dal governo all'istituto, ma chiaramente per noi il cambiamento deve essere coerente con la richiesta di abrogazione di uno strumento che oggi è la frontiera della precarizzazione. Riteniamo che debba tornare a essere riconosciuto anche come lavoro accessorio – che deve tornare ai parametri e a alle possibilità di utilizzo del lavoro accessorio – ma come contratto di rapporto di lavoro subordinato. Quella è la proposta che noi abbiamo in campo, poi chiaramente valuteremo quello che succederà in ambito legislativo.

Insieme ai quesiti la Cgil ha presentato una legge di iniziativa popolare sul lavoro – la Carta dei diritti universali. Che atteggiamento vi aspettate dal governo e dal Pd?

Ci aspettiamo che anche il Pd, come altri gruppi, risponda a una nostra richiesta che è un'urgenza. Chiediamo che la nostra proposta di legge – che peraltro è stata sostenuta così come i quesiti da oltre tre milioni di firme – sia incardinata nella discussione delle commissioni Lavoro in parlamento. Perché è oggi per noi inderogabile un ragionamento che riporti l'attenzione sulla normativa mercatolavorista del mondo del lavoro, e che ribaliti le politiche degli ultimi anni che hanno visto il lavoro impoverito, svalorizzato e considerato come una dipendente variabile dell'economia e del mercato. Queste sono condizioni che hanno impoverito il lavoro e di conseguenza il nostro sitema economico. Perché un lavoro senza diritti è una causa della grande crisi che stiamo vivendo.

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