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Jihad, indagate 5 persone in Veneto per presunti contatti con l’Isis

Un’inchiesta dei Ros ha sollevato il velo su un gruppo di presunti “reclutatori” legati alla Jihad islamica.
A cura di Davide Falcioni
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Due giorni fa i servizi segreti italiani hanno rivelato come una cinquantina di nostri connazionali sarebbero partiti alla volta di Iraq e Siria per partecipare, a fianco dell'Isis, alle guerre in corso in quei paesi. Oggi il Corriere del Veneto riporta che cinque persone risultano indagate a seguito di un'inchiesta condotta dai Ros perché sospetti di avere legami con organizzazioni jihadiste. Carabinieri e Digos terrebbero sotto osservazione una trentina di sospetti considerati troppo vicini al fondamentalismo islamico. L'indagine ipotizza nei loro confronti la violazione dell'articolo 270bis del codice penale, che si occupa proprio delle associazioni con fini eversivi.

I cinque indagati non sono cittadini italiani

I cinque indagati sono tutti stranieri e tutti residenti in Veneto. Tra loro ci sarebbero alcuni reclutatori, il cui obiettivo è quello di individuare sul territorio persone potenzialmente interessate a combattere nella Jihad. In almeno un caso ci sarebbero riusciti e avrebbero spedito in Siria un combattente. Stando a quanto emerso i futuri miliziani trascorrono un periodo in un campo di addestramento, il più delle volte in Afghanistan, poi rientrano e per un certo periodo di tempo fanno perdere le loro tracce. Quindi imbracciano le armi e combattono per la costruzione di uno Stato Islamico in Iraq o Siria, i teatri dove al momento l'Isis è molto potente.

Servizi segreti: "In Iraq e Siria 50 combattenti italiani"

Il recente dossier dei servizi ha spiegato che al momento gli italiani in combattimento sarebbero una cinquantina; il più delle volte avrebbero origini arabe, slave oppure africane. Cinque presunti miliziani sarebbero stati individuati nei pressi di Padova, dove sarebbe ubicato un importante punto di reclutamento. La notizia non è passata inosservata soprattutto negli ambienti leghisti e il governatore della regione Luca Zaia ha detto: "In Veneto abbiamo 600mila immigrati su 5 milioni di abitanti. Ed è inevitabile che nei grandi numeri possano esserci delle mele marce. Sono figli di profughi, ma il cordone ombelicale si è mantenuto. In quelle famiglie, poche famiglie, non si sono voluti integrare e non hanno accettato l'Occidente". Per il presidente della regione "la preoccupazione è alta, serve un controllo trasversale delle forze dell'ordine, delle frontiere e all'interno dei centri islamici".

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