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Italia 2016: quasi mezzo milione di schiavi in agricoltura. Paghe da 2,5 euro all’ora

Oltre 430mila persone, sia italiani che stranieri, sono vittime di caporalato: trend in crescita rispetto allo scorso anno.
A cura di Davide Falcioni
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Dieci, anche dodici o più ore di lavoro nei campi, con paghe da fame, magari sotto il sole cocente con uni misera bottiglia d'acqua e un panino da mangiare in pochi minuti. Lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura non accenna a diminuire malgrado le tragedie degli ultimi anni e le decine di denunce da parte di sindacati e mezzi di informazione. Ad oggi, infatti, le vittime dei caporali, lavoratori agricoli impiegati nei campi e nelle stalle, sono quasi 430mila, quindi tra le 30.000 e le 50.000 unità in più rispetto allo scorso anno, con un danno economico tra i 3,3 e i 3,6 miliardi di euro. Ma a dover allarmare non sono i danni per l'economia, bensì le condizioni di vero e proprio schiavismo a cui sono spesso ridotti: un quarto di essi, circa 100.000, si trovano in condizioni di grave sfruttamento e di vulnerabilità abitativa, sono cioè costretti a trascorrere la notte in ripari di fortuna, spesso pagando i "padroni" che di giorno li fanno poi lavorare. A disegnare il quadro della situazione è il Terzo rapporto ‘Agromafie e caporalato' realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto – Flai Cgil: il dossier mostra la condizione dei lavoratori in agricoltura, delle variegate forme di illegalità e infiltrazione mafiosa nell’intera filiera agroalimentare.

Chi sono le vittime del caporalato? Indistintamente italiani e stranieri

Nel rapporto si può leggere che "lo sfruttamento in agricoltura viaggia di pari passo con il fenomeno della tratta degli esseri umani". Lo studio rivela che esistono circa 80 distretti agricoli, distribuiti indistintamente dal nord al sud del paese, nei quali è possibile registrare grave sfruttamento e caporalato, seppur con diversi livelli di intensità. Contrariamente a quanto si è creduto a lungo ad essere vittime del caporalato (e delle sue diverse forme) sono indistintamente italiani e stranieri: il fenomeno, inoltre, non fa che adattarsi alle mutazioni del mercato del lavoro, sempre più precario, anche se le modalità di sfruttamento rimangono sempre le stesse.

Il principale è la mancata applicazione dei contratti nazionali, con un salario variabile tra i 22 e i 30 euro al giorno, ovvero il 50% più basso di quanto previsto dalla legge. E ancora lavoro a cottimo (esplicitamente escluso dalle norme di settore), fino ad alcune pratiche criminali quali la violenza, il ricatto, la sottrazione dei documenti, l’imposizione di un alloggio e forniture di beni di prima necessità. Il quadro che ne emerge è di "forte vulnerabilità dei soggetti che andrebbe contrastato con maggiore incisività".

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