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Islam, parla il Papa: “L’antidoto alla violenza è il rispetto delle differenze”

Bergoglio lo ha detto nell’udienza per i 50 anni del Pisai, il Pontificio Istituto di Studi arabi e Islamistica. “Il dialogo islamo-cristiano esige pazienza e umiltà”.
A cura di Biagio Chiariello
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Papa Francesco
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“L'antidoto più efficace contro ogni forma di violenza è l'educazione alla scoperta e all'accettazione della differenza come ricchezza e fecondità”. Lo ha detto papa Francesco ricevendo oggi in udienza i partecipanti all'incontro del Pontificio Istituto di Studi arabi e Islamistica (Pisai) per i 50 anni dalla fondazione. Il riferimento di Bergoglio è in particolare al dialogo iislamo-cristiano: “esige pazienza e umiltà –dice – che accompagnano uno studio approfondito, poiché l'approssimazione e l'improvvisazione possono essere controproducenti o, addirittura, causa di disagio e imbarazzo”. E ancora: “C'è bisogno di un impegno duraturo e continuo al fine di non farci cogliere impreparati nelle diverse situazioni e nei differenti contesti”, ha affermato il Pontefice.

Nonostante “alcune incomprensioni e difficoltà, sono stati fatti passi in avanti nel dialogo interreligioso, anche con i fedeli dell'Islam”, ha poi sottolineato papa Francesco. Il monito è a “non perdere la bussola del mutuo rispetto e della stima reciproca”. E sempre nella Sala Clementina in Vaticano ricorda che per superare le incomprensioni “è essenziale l'esercizio dell'ascolto”. Che, come ricorda citando la Evangelii gaudium, “non è soltanto una condizione necessaria in un processo di reciproca comprensione e di pacifica convivenza, ma è anche un dovere pedagogico al fine di essere ‘capaci di riconoscere i valori degli altri, di comprendere le preoccupazioni soggiacenti alle loro richieste e di fare emergere le convinzioni comuni’”.

Quando ci accostiamo ad una persona che professa con convinzione la propria religione, la sua testimonianza e il suo pensiero ci interpellano e ci portano ad interrogarci sulla nostra stessa spiritualità. Al principio del dialogo c'è, dunque, l'incontro – sottolinea -. Da esso si genera la prima conoscenza dell'altro. Se, infatti, si parte dal presupposto della comune appartenenza alla natura umana, si possono superare i pregiudizi e le falsità e si può iniziare a comprendere l'altro secondo una prospettiva nuova”.

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