30 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Isis: i genitori dell’ostaggio Peter Kassig diffondono una lettera del figlio

L’uomo è tenuto in ostaggio da quasi un anno: “Ho paura di morire, ma la cosa più difficile è non sapere, immaginare, sperare se posso addirittura sperare ancora”.
A cura di Davide Falcioni
30 CONDIVISIONI
Immagine

Dopo la decapitazione del volontario britannico Alan Henning da parte dei miliziani dello Stato Islamico il timore è che la prossima vittima possa essere Peter Kassig, ostaggio statunitense che gli Jihadisti hannom minacciato di uccidere in un video. Ebbene, per risollevare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle sorti dell'uomo, la sua famiglia ha diffuso il contenuto di una lettera che Kassig ha scritto lo scorso mese di giugno: "Ho paura di morire, ma la cosa più difficile è non sapere, immaginare, sperare se posso addirittura sperare ancora". La missiva reca la data del 2 giugno ma i familiari hanno deciso di renderla pubblica solo oggi, condividendone degli estratti su twitter "perchè il mondo capisca perchè noi e tante altre persone lo amiamo e ammiriamo".

La lettera inizia con parole molto toccanti: "Mi dispiace da morire che sia accaduto tutto ciò e per quello che state passando". E ancora: "Se dovessi morire, immagino che almeno voi ed io potremo trovare conforto nel sapere che me ne sono andato cercando di alleviare le sofferenze e aiutare coloro che avevano bisogno. Prego ogni giorno e non sono arrabbiato della mia situazione. (….) I love you". La pubblicazione della lettera da parte dei genitori è un tentativo disperato di coinvolgere l'opinione pubblica di tutto il mondo, nella speranza che il governo statunitense riesca a salvare l'ostaggio prima che sia troppo tardi: "Continuiamo la pressione sul governo affinché fermi le sue azioni e continui a parlare con i suoi sequestratori perché abbiano pietà e lo rilascino", chiedono i genitori.

Chi è Peter Kassig

Ma chi è Peter Kassig? L'uomo sarebbe andato in Medio Oriente nel tentativo di risollevarsi da un matrimonio fallito e da anni di permanenza nei rangers dell'Esercito, con i quali ha preso parte alla spedizione in Iraq. L'operatore umanitario è dunque partito alla ricerca di un'esperienza che gli cambiasse la vita: si è convertito all'Islam, ha cambiato il suo nome in Abdul Rahman ed è stato catturato nell'area orientale della Siria quasi un anno fa: nel paese lavorava per la sua organizzazione, la Special Emergency Response and Assistance.

30 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views