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Insulti il capo fuori turno? Il licenziamento è illegittimo

Secondo la Cassazione, un diverbio con il datore di lavoro che avvenga fuori dall’orario lavorativo non può essere portare al licenziamento del dipendente per insubordinazione perché “i vincoli gerarchici tra le persone non si estendono anche al di fuori dell’orario di lavoro”.
A cura di C. M.
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Insultare il capo fuori dal turno lavorativo non può essere causa di licenziamento per insubordinazione. A stabilirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione riportata dal portale "La legge per tutti". Secondo quanto si apprende, per i giudici, nonostante il comportamente sia deprecabile e sanzionabile dal punto di vista disciplinare, non può essere motivo di licenziamento. Perché si possa parlare di "insubordinazione", sostiene la Corte, "è necessario che la reazione del dipendente si inserisca in un contesto aziendale e sia causa proprio delle direttive impartite dal datore di lavoro; al contrario, la lite che avviene nella pausa pranzo o caffè, oppure prima che il turno inizi, è ancora al di fuori dal rapporto lavorativo vero e proprio".

"L’insubordinazione consiste nel rifiuto di eseguire un ordine (legittimo) impartito da un superiore, mentre nel caso in oggetto non emerge né dalla sentenza impugnata né dal tenore della contestazione disciplinare che l’odierno controricorrente si sia rifiutato di eseguire ordini impartitigli da un superiore.
Né la qualità personale del destinatario dell’espressione ingiuriosa di per sé trasforma in insubordinazione quel che è un mero alterco o diverbio, vale a dire quello che i vocabolari della lingua italiana definiscono come <<scambio aspro e scomposto di parole e/o di insulti>>, o come <<lite verbale>> o come <<discussione molto animata>>.
Ciò valga a maggior ragione ove si consideri che l’episodio per cui è causa è avvenuto davanti alla macchinetta del caffè pochi minuti prima dell’inizio del turno (come si legge nella sentenza impugnata), vale a dire nello stabilimento, ma non durante l’orario di lavoro.
E’ dunque inconferente il rinvio invocato da parte ricorrente a Cass. n. 9635/16 che, in motivazione, ammette che l’insubordinazione possa altresì ravvisarsi nella critica rivolta ai superiori con modalità esorbitanti dall’obbligo di correttezza formale dei toni e dei contenuti: deve infatti escludersi che i vincoli gerarchici tra le persone si estendano anche al di fuori dell’orario di lavoro e che ad essi debbano essere improntati tutti i rapporti fra loro".

Dunque, secondo la Corte di Cassazione, sebbene il litigio anche fuori dall'orario di lavoro sia un comportamento sanzionabile, non può essere considerato motivo fondato da addurre per interrompere il rapporto di lavoro e non può in alcun modo essere considerato insubordinazione perché, come rilevato dai giudici, "i vincoli gerarchici tra le persone non si estendono anche al di fuori dell’orario di lavoro".

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