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Inserimento lavorativo degli ex detenuti: “Così voltiamo pagina”

La storia di Lillo e Marcello raccontata dalle telecamere di Fanpage.it: dopo un’infanzia difficile a Palermo e la reclusione al Malaspina, hanno deciso di darsi alla pasticceria, con la speranza di avere presto un proprio laboratorio. Ma il lieto fine non è per tutti. Cosa dice la legge italiana a tal proposito?
A cura di Ida Artiaco
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Lillo e Marcello dei "Dolci Buonaspina" intervistati da Fanpage.it.
Lillo e Marcello dei "Dolci Buonaspina" intervistati da Fanpage.it.

"Il nostro sogno è quello di aprire un giorno un laboratorio tutto nostro, nella speranza che qualcuno ci aiuti a realizzarlo".  Marcello Patricola e Rosolino Mulieddo, detto Lillo, non hanno dubbi. Dopo una vita difficile vissuta in uno dei quartieri più problematici di Palermo e anni altrettanto duri dietro le sbarre, il loro riscatto passa per la pasticceria. Una volta fuori dal carcere della città siciliana, hanno deciso di mettere in pratica quello che avevano imparato all'istituto alberghiero che avevano frequentato da ragazzi e di realizzare dolci per poter riprendere in mano le redini della loro esistenza. "Al momento ci aiutano delle persone, anche grandi laboratori – hanno raccontato alle telecamere di Fanpage.it -. Ci permettono di utilizzare per qualche ora i loro ambienti e le loro attrezzature in attesa di avere un luogo tutto nostro".

"Abbiamo seguito un modello sbagliatissimo da ragazzi. Ed in un attimo ci siamo ritrovati a commettere reati e a fare altre cavolate – hanno continuato -. Ma abbiamo preso il diploma alberghiero e dopo anni di galera abbiamo deciso di voltare pagina". È nato così il brand Dolce Buonaspina. "Questo nome vuole ricordare la nostra storia – sottolinea Marcello, che ne è il titolare -, essendo stati al Malaspina. Ma abbiamo voluto dargli una connotazione positiva, perché ci siamo imposti di portare il bene avanti a ogni cosa".

Cosa dice la legge sul reinserimento lavorativo dei detenuti

Quella di Marcello e Lillo è solo una delle tante di storie di ex detenuti che cercano di ritrovare, attraverso il lavoro, la dignità e soprattutto la libertà perduta in carcere. I due pasticceri hanno avuto la forza di guardare avanti e di mettere in pratica conoscenze che avevano acquisito negli anni per raggiungere passo dopo passo il loro obiettivo. Non per tutti, purtroppo, c'è il lieto fine. Anzi, si può dire che siano l'eccezione che conferma la regola. Ma cosa prevede la legge in materia di reinserimento lavorativo di questi soggetti?

È la Costituzione italiana, all'articolo 27, a sottolineare il valore rieducativo della pena, con l'obbligo di orientare chi l'ha già scontata al reinserimento nel tessuto sociale ed economico-produttivo del Paese. Come ha sottolineato Andrea Orlando che, quando era a capo del Ministero della Giustizia nel 2014, si è fatto promotore dell'istituzione di un fondo di 30 milioni di euro per le imprese che avessero assunto ex reclusi, "i detenuti che in carcere non svolgono alcuna attività hanno nel momento del loro ritorno nella società un altissimo tasso di recidiva".

A coordinare questo sistema concorrono sia il Ministero che gli Enti Locali. È necessario che il detenuto sia iscritto alle liste di collocamento, avendo ben chiaro l'obiettivo da raggiungere: a partire dal secondo anno di iscrizione l'azienda coinvolta nel reinserimento lavorativo di questo soggetto può ottenere gli sgravi fiscali. Il percorso dovrebbe cominciare già dal carcere. Ma per gli ex reclusi l'iter diventa quasi una corsa ad ostacoli, con le procedure burocratiche e i ritardi amministrativi che spesso vanificano tanti sforzi avviati per un inserimento lavorativo.

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