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Indisponibilità materiale e degli effetti delle prove

La Cassazione del 14.1.2016 n. 455 ha stabilito nell’ambito della disciplina dell’esercizio dei poteri del giudice ex art. 115 e 116 cpc, il principio di acquisizione probatoria, coniugato con il principio del contraddittorio, riguarda l’impossibilità della parte di disporre degli effetti delle prove raccolte, che una volta assunte possono giovare o nuocere all’una o all’altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte; inoltre, il giudice, ove si veda in situazione di semipiena probatio, ha il potere di provvedere d’ufficio agli atti istruttori idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti, dovendo, quindi, motivare sulla mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi là dove sollecitato dalla parte ad integrare la lacuna istruttoria; l’esercizio del potere d’ufficio del giudice è possibile e doveroso solo allorquando si sia in presenza di allegazioni e di un quadro probatorio che, pur delineati dalla parti, presentino incertezze.
A cura di Paolo Giuliano
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Il principio dell'onere probatorio è codificato dall'art. 2697 cc secondo il quale, da un lato,  chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, dall'altro, chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.

In poche parole chi intende esercitare un diritto o colui che intende paralizzare l'esercizio di un diritto altrui deve provare le proprie affermazioni (c.d. principio dell'onere probatorio).

I termini processuali entro cui adempiere ai propri obblighi probatori, non sono eterni, ma sono limitati nel tempo, i termini sono indicati dal codice di procedura civile.

Una conferma del principio dell'onore probatorio ex art. 2697 cc può essere trovata nell'art. 115 cpc (che regola i poteri del giudice relativamente all'assunzione delle prove)  il quale dispone che, salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

Da quanto detto si può già desumere un primo corollario: l'indisponibilità della prova fornita al giudice. E' vero che la parte è libera di fornire (o meno) una prova al giudice, ed è vero che la parte è libera nella scelta  della prova da usare per adempiere all'onere probatorio, si è, in altri termini, in presenza di una valutazione discrezionale della parte. Però, una volta fornita la prova la parte perde la disponibilità della stessa e la prova non può essere più sottratta dal procedimento. Per indisponibilità della prova di deve intendere indisponibilità materiale ed indisponibilità delle conseguenze derivanti dalla valutazione della prova.

Indisponibilità materiale. Nel sistema processualcivilistico vigente – in specie dopo il riconoscimento costituzionale del principio del giusto processo – opera il principio di acquisizione della prova, in forza del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente acquisito alla causa e non può più esserle sottratto, dovendo il giudice utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell'onere probatorio. Ne consegue che la parte che nel corso del processo chieda il ritiro del proprio fascicolo ha l'onere di depositare copia dei documenti probatori che in esso siano inseriti, onde impedire che qualora essa, in violazione dei principi di lealtà e probità, ometta di restituire il fascicolo con i documenti in precedenza prodotti, risulti impossibile all'altra parte fornire, anche in sede di gravame, le prove che erano desumibili dal fascicolo avversario.

Indisponibilità delle conseguenze relative alla valutazione della prova. Un secondo corollario è quello secondo il quale: la prova fornita può essere usata (contro o a favore) indipendentemente dalla parte che ha fornito la medesima prova. In altri termini, è vero che il giudice istruttore decide in base alle prove fornite dalle parti, ma è anche opportuno osservare che il giudice decide in base alle prove fornite da una qualsiasi delle parti, cioè l'intero materiale probatorio è a disposizione del giudice senza che possa sussistere una preclusione all'uso della prova sulla base della parte cha ha fornito la prova medesima.

Questo corollario non è in contrasto con il principio del contraddittorio (potere della parte di contestare la prova o di fornire prova contraria), infatti, il principio del contradditorio non può essere inteso fino al punto di impedire al giudice di valutare le prove,  indipendentemente dalla parte che ha fornito la prova (poiché la scelta su quale prova fornire è libera e discrezionale della parte processuale medesima).

Va osservato che il principio di acquisizione probatoria riguarda non già l'obbligo del giudice di tenere ferme le prove per come espletate, ma l'impossibilità della parte di disporre degli effetti e delle conseguenze delle prove raccolte, che una volta assunte possono giovare o nuocere all'una o all'altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte

Questi corollari sono conformi anche al principio della ragionevole durata del processo e/o all'esigenza di non dover avere procedimenti sostanzialmente inutili. Nella giurisprudenza è stato ripetutamente sottolineato come il principio di acquisizione probatoria trovi anche pregnante fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost. La giurisprudenza ha confermato il legame tra principio di acquisizione probatoria e principio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost., specificando che ciò comporta che i principi generali sul riparto dell'onere probatorio debbono essere, in ogni caso, coordinati con il suddetto principio di acquisizione.

Poteri istruttori del giudice. Si potrebbe pensare che il giudice non ha poteri istruttori, in realtà questa affermazione deve essere corretta, infatti, già l'art. 116 cpc comma II ammette che il giudice possa avere una funzione istruttoria autonoma, infatti, il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo. Inoltre, l'art. 183 cpc prevede che il giudice possa ammettere d'ufficio mezzi di prova.

In realtà, nella giurisprudenza successiva alla costituzionalizzazione del principio del giusto processo il giudice, ove si veda in situazione di semipiena probatio, ha il potere-dovere di provvedere d'ufficio agli atti istruttori idonei a superare l'incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti, dovendo, quindi, motivare sulla mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi là dove sollecitato dalla parte ad integrare la lacuna istruttoria; l'esercizio del potere d'ufficio del giudice è possibile e doveroso solo allorquando si sia in presenza di allegazioni e di un quadro probatorio che, pur delineati dalla parti, presentino incertezze.

Diverso dai poteri istruttori delle parti e del giudice è il potere di valutazione della prova. L'art. 116 cpc afferma che il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.

Cass., civ. sez. II, del 14 gennaio 2016, n. 455 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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