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Indagati Mina Welby e Cappato per aver aiutato Davide Trentini a suicidarsi

Sono accusati del reato di istigazione o aiuto al suicidio, in relazione alla morte di Davide Trentini, deceduto il 13 aprile in Svizzera dove era stato accompagnato dalla Welby. Il procuratore capo di Massa Carrara: “Atto dovuto”.
A cura di Biagio Chiariello
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Si tratta di “atto dovuto”. Il procuratore capo di Massa Carrara, Aldo Giubilaro, ha introdotto così la notizia che stava comunicando ai giornalisti: Mina Welby e Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, sono stati iscritti nel registro degli indagati per il reato di istigazione o aiuto al suicidio, in relazione alla morte di Davide Trentini, il 53enne malato di sclerosi multipla, deceduto il 13 aprile in Svizzera dove era stato accompagnato dalla Welby per ottenere il suicidio assistito. I due, al ritorno in Italia, si erano autodenunciati lo scorso 14 aprile ai Carabinieri di Massa.

"Siamo obbligati a trattare la morte di Davide Trentini come un affare di giustizia; nessuna valutazione religiosa, politica o morale. Nessuna opera innovativa. Abbiamo aperto un fascicolo e procederemo, come vuole la legge" ha spiegato il procuratore capo di Massa Carrara. Giubilaro si è detto prudente su un'indagine che è ancora nelle sue fasi iniziali: "Ascolteremo altre persone, il numero degli indagati potrebbe aumentare, come diminuire". Nei prossimi giorni potrebbe essere sentita proprio la madre di Davide Trentini: era stata lei la prima a chiedere aiuto a Marco Cappato per il figlio.  La famiglia Trentini aveva inoltre all'Associazione Luca Coscioni un aiuto economico al fine di poter affrontare le spese della clinica in Svizzera dove Davide, in preda a dolori insopportabili, aveva deciso di morire. “Basta dolore", erano state proprio le ultime parole pronunciate da Trentini nel video postato su Facebook da Eutanasia Legale, promotrice della campagna.

Per Cappato si tratta della seconda indagine per il reato di istigazione al suicidio in poche settimane. Lo scorso febbraio, il suo nome era salito alla ribalta dopo il caso di Dj Fabo. Anche in quell'occasione Cappato si autodenunciò alla procura di Milano, dopo aver accompagnato Fabiano Antoniani nel suo ultimo viaggio verso la clinica in Svizzera.

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