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Incubo Venezuela, black out programmati scatenano saccheggi: l’era buia di Maduro

Contro la crisi energetica il governo venezuelano sposta in avanti il fuso orario di mezz’ora. Ma il Paese rischia il collasso e le opposizioni preparano il referendum per revocare il mandato al presidente Maduro.
A cura di Mirko Bellis
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Il Venezuela prosegue la politica di riduzione del consumo di energia elettrica. Da domenica, il governo ha deciso di reintrodurre una delle misure più controverse dell’ex presidente Hugo Chávez: il fuso orario locale è stato spostato in avanti di mezz'ora. Il governo di Nicolás Maduro ha detto che il provvedimento servirà a sfruttare di più la luce solare nel tentativo di fronteggiare la grave crisi energetica che attanaglia il Paese sudamericano.

Non è la prima misura adottata da Caracas per evitare il collasso del sistema energetico: agli oltre 2,8 milioni di dipendenti pubblici è stato ordinato di recarsi al lavoro solo due giorni alla settimana e sono stati programmati blackout di quattro ore al giorno nelle aree più popolate e industrializzate. Le interruzioni nella fornitura di luce hanno provocato le ire dei cittadini: in sette Stati ci sono stati episodi di saccheggio e proteste contro la decisione del governo. A Maracaibo – la capitale dello Stato di Zulia, ricco di petrolio – dopo trenta ore senza alimentazione elettrica sono stati presi d’assalto oltre settanta locali commerciali. Durante i saccheggi –  secondo media locali – sono state arrestate 103 persone.

Per l’erede di Chávez, dietro le proteste ci sarebbero alcuni settori dell’estrema destra che vogliono destabilizzare il Paese per impadronirsi del potere. L’opposizione, da parte sua, ha annunciato di aver raccolto 2,5 milioni di firme per la convocazione quest’anno di un referendum revocatorio del mandato di Maduro. Come risposta, il presidente del Venezuela, durante un comizio per la Festa dei Lavoratori, ha chiesto ai suoi seguaci di “dichiararsi in ribellione e in sciopero generale indefinito” semmai l'opposizione dovesse arrivare al potere “con qualsiasi mezzo”. Intanto, per cercare di mitigare il malcontento, il governo ha stanziato un aumento del trenta per cento del salario minimo di migliaia di lavoratori.

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Ma a preoccupare i venezuelani, oltre alla mancanza di elettricità, è anche il frigo vuoto. La grave recessione economica ha colpito maggiormente le famiglie più povere costrette a cambiare le proprie abitudini alimentari a causa della combinazione di prezzi elevati e la carenza cronica di prodotti.  Sulla tavola di molti venezuelani ormai si trovano solo prodotti a base di amido (comunemente contenuto in alimenti come pane, pasta, riso, patate). E anche Polar, la principale impresa produttrice di birra, ha annunciato la chiusura dei suoi quattro stabilimenti. La decisione, provocata dalla mancanza di materia prima e dai problemi finanziari dell’azienda, lascerà a casa migliaia di lavoratori.

Il Venezuela si trova quindi sull'orlo del collasso. La prolungata siccità dovuta dal fenomeno atmosferico conosciuto come El Niño da sola non basta a spiegare il difficile momento che sta attraversando il Paese sudamericano. La mancanza di investimenti pubblici che dovevano portare il Venezuela a dipendere meno dalla fornitura di energia idroelettrica sono l’altra grande causa della crisi attuale. I piani pensati nel 2010 dell’allora presidente Hugo Chávez di dotare il Paese di moderni impianti termoelettrici non sono mai stai attuati. E anche la grande diga di Tocoma – che da sola riuscirebbe a soddisfare la metà della domanda di energia – non è ancora stata completata. Il ministro dell’energia venezuelano, Luis Motta Domínguez, ha confessato che la Centrale Simón Bolívar (genera il 70% dell’energia) si trova al punto di collassare per la mancanza di acqua. L’ammissione del ministro dimostra un altro aspetto preoccupante. Tutte le misure poste in essere fino a questo momento dal governo non sono riuscite a produrre l’effetto sperato. Per cercare di alleviare la crisi energetica all'inizio dell’anno la giornata lavorativa è stata ridotta di due ore, poi fu decretato festivo il venerdì e adesso la riduzione a solo due giorni di lavoro per i dipendenti statali ed i black out programmati possono non essere sufficienti.

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Il Venezuela ha le più grande riserve di greggio al mondo ed è il dodicesimo per produzione ma la sua economia continua a dipendere troppo dal petrolio: l’oro nero rappresenta l’88 per cento delle esportazioni e il prezzo attuale non favorisce di certo i piani di aiuto alle fasce più deboli della popolazione. Le politiche sociali di Chavez sono ormai un ricordo e oltre il 76% dei venezuelani vive in condizioni di povertà, secondo uno studio delle università Católica Andrés Bello, Central de Venezuela e Simón Bolívar. Nel 2016 l’economia venezuelana si contrarrà per il terzo anno di seguito ma stavolta, secondo le previsioni di banche e agenzie di rating, il segno meno arriverà al 7,2 per cento. E non va certo meglio all'inflazione che si prevede salirà quasi al 300 per cento. La più alta al mondo.

E il delicato momento che sta vivendo il Venezuela preoccupa persino il Vaticano. Papa Francesco ha inviato una lettera personale a Maduro offrendo il suo sostegno di fronte alla "grave situazione". A preoccupare il Pontefice non sono solo le difficoltà economiche del Paese, ma anche per gli alti tassi di violenza e la chiusura del governo a qualsiasi tipo di dialogo con l'opposizione.

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