In ricerca e sviluppo l’Italia investe un terzo della Corea del Sud
Italia fanalino di coda tra i paesi dell'Unione Europea e del G20 negli investimenti in ricerca e sviluppo. Nel 2011, infatti, il nostro paese ha dedicato al comparto solo l'1,25% del Pil, meno di Spagna e Portogallo (rispettivamente hanno investito l'1,36 e 1,52%) e quasi 2 punti percentuali in meno della media dell'Unione Eurupea (2,05%). Resta in miraggio il traguardo del 3% fissato da Bruxelles tra i suoi cinque obiettivi nella strategia Europa 2020. I dati sono stati resi noti dal dossier Istat Noi Italia, e rivelano come la percentuale di investimento in Ricerca e Sviluppo sia in discesa persino rispetto al 2010. A "umiliare" il nostro paese, tuttavia, è il confronto con il resto del mondo. La Finlandia – ad esempio – investe il 3,80%, la Svezia il 3,39, Danimarca (2,98%), Germania (2,89%) e Austria (2,77%), Slovenia (2,47%) ed Estonia (2,37%). Già più lieve il gap con Francia e Regno Unito, posizionato comunque sopra gli standard italiani (e, nel caso di Parigi, europei) con il 2,25% e l'1,78%.
Fondamentale – affinché il dato migliori – il mix tra bilanci pubblici e presenza di aziende fortemente attive nel serrore della Ricerca e Sviluppo: non è un caso che industrie farmaceutiche e automobilistiche, ma anche informatiche, trovino il loro terreno d'elezione nei paesi del nord e del centro Europa. Collegati agli investimenti, poi, ci sono i risultati della crescita: se nel nostro paese si esulta per una previsione dello 0,1 nel 2014, i dati sono ben altri in Germania (+1,7%), Svezia (+2,5%) e Danimarca (01,6%).
E se l'Italia è fanalino di coda in Europa, il confronto diventa addirittura umiliante con il resto del mondo. Secondo il sito britannico Scienceogram, infatti, in ricerca e sviluppo l'Australia investe il 2,37% del pil, il Giappone il 3,37, la Corea del Sud il 3,74.