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In parlamento nulla si crea o si distrugge. Ci si trasforma, per poi esaurirsi

E’ usanza di questi tempi fare calcoli per capire, anche in diretta tv, come accaparrarsi più voti in sede d’elezioni. Un modo di fare conservativo che porta all’inevitabile autodistruzione.
A cura di Andrea Parrella
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E' molto difficile riuscire a trovare atteggiamenti più stucchevoli di quelli assunti in ambito politico in periodi quasi pre elettorali come questo che stiamo attraversando. Il riferimento è al cinico gioco dei calcoli per eventuali unioni, coalizioni e virtuali strette di mano che i partiti (e loro esponenti) congetturano senza alcun timore in piena diretta tv, avvezzi all'idea che non ci sia niente di illecito o poco consono. Discettano di giochi di potere con una nonchalance che mette i brividi .

Due sere fa, a Linea Notte su Raitre, si è assistito ad una conversazione apparentemente surreale ma esplicitamente tangibile tra Massimo Cacciari, Claudio Sardo e gli altri presenti in studio. Si discuteva delle sorti del Pd e non solo. Cacciari, nella sua assoluta onestà intellettuale, forse perché distaccato dalle dinamiche di vertice del suo partito, parla con trivialità disarmante delle varie possibilità d'alleanza del Pd in fase primarie alle future elezioni, mettendosi lì a fare delle vere e proprie addizioni per capire quale potesse essere la soluzione più conveniente e praticabile per prendersi una quantità di voti sufficiente a governare. Ragionamento assolutamente incontestabile, vista  la forma mentis alla quale l'elettorato stesso è stato abituato. Si noti bene che si è usato Cacciari solo come esempio più recente e pure più nobile, visto che l'ex sindaco di Venezia, calcoli a parte, resta una voce politica di grande autorevolezza.

E' come se giungesse un momento fisiologico in cui i programmi, gli orientamenti, i valori (venga perdonato l'uso non pertinente della parola) alla base di una convergenza o meno fra partiti, divenissero carta straccia. Perché ad un certo punto, diamine, bisogna iniziare a parlare di cose serie. Giochi di numeri, non più giochi di contenuti. Si dirà: e quindi? funziona così, si sapeva già, un principio conservativo che è alla base della politica come cerchio chiuso e ristretto. E' tutto vero ed è anche giusto che ora, forse, si sia giunti ad un punto di non ritorno. Calcolare a priori la situazione elettorale più vantaggiosa è palese che non possa condurre ad altro se non ad un obiettivo a breve termine, effimero, ovvero avere successo in sede elettorale. Tutto ciò che c'è dopo, poco conta. E infatti ogni alleanza basata sul calcolo è destinata a fallire, un po' come quando parli con un incallito scommettitore di sport che ti sconsiglia vivamente di pronosticare guardando le quotazioni, perché anziché basarti su dei dati conoscitivi, costruiresti la tua scommessa andando a cercare le quote più succulente per aumentare la posta in gioco. Si perde quasi sempre.

D'altronde, alle coalizioni con scopo meramente elettorale interessa poco il fallimento sicuro dei propri calcoli a lungo termine, visto che basta durino fino alle elezioni. E' vero pure questo, ma non potrà durare all'infinito e forse, la tanto conclamata anti-politica è una risposta ad un sistema chiuso destinato ad esaurirsi, implodere. Anche nei luoghi del potere vige la prima legge della termodinamica, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Ma il trasformismo sfrenato, una regola sacrosanta di parlamento e senato, comporta un disperdersi di energie irrecuperabili e inutilizzate. Siamo forse al punto in cui l'entropia ha raggiunto il livello massimo nelle stanze dei bottoni e questo spiegherebbe i venti nuovi. La politica si è dimostrata incapace a progettare. O forse, vista la caducità di chi la fa, non ha avuto mai alcun interesse nel farlo.

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