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In Italia vivono 180mila tra rom e sinti. Contro di loro discriminazioni e pregiudizi

Presentato il primo rapporto su rom e sinti: sono 20mila i bambini che vivono in condizioni abitative precarie. E l’Associazione 21 luglio accusa: “Dei 443 episodi di discorsi d’odio contro i rom registrati dall’Osservatorio dell`Associazione 21 luglio, l’87% risulta riconducibile a esponenti politici”.
A cura di Redazione
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È stato presentato oggi, in concomitanza con la giornata internazionale dei rom e dei sinti, il rapporto nazionale sulla condizione dei rom e dei sinti in Italia, redatto dall’Associazione 21 luglio. Lo studio, che è stato consegnato al Presidente della Camera Laura Boldrini nel corso di un incontro a Montecitorio, cerca di far luce su una serie di inesattezze documentative e pregiudizi, restituendo numeri certi e fotografando le reali condizioni di vita della popolazione rom in Italia, al di là dei “falsi miti e leggende” che fanno presa sull’opinione pubblica.

Prima di tutto va precisato che i rom e sinti residenti nel nostro Paese sono 180mila,  di cui circa il 50% con cittadinanza italiana: sono 40mila le persone che vivono nei cosiddetti campi rom, mentre in 140 mila “vivono in regolari abitazioni, studiano, lavorano e conducono una esistenza come quella di ogni altro cittadino, italiano o straniero, residente nel nostro Paese”. Centrale è ancora una volta la questione abitativa, che Governi ed amministrazioni tendono ad affrontare inseguendo la solita logica emergenziale, mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è costantemente focalizzata sui campi rom. “Nella maggioranza dei ‘campi nomadi' italiani, anche quelli organizzati e gestiti dalle autorità sono molteplici gli elementi di criticità”, spiegano dall’Associazione 21 luglio, ricordando che “i problemi hanno reso i campi luoghi di sospensione dei diritti umani”, mentre, nonostante “i richiami degli organismi internazionali e il rischio di apertura di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea”, si continua a ricorrere alla pratica degli sgomberi forzati, soprattutto a Milano e a Roma.

Ma non basta, perché a dispetto delle dichiarazioni di facciata, “in molte città italiane, da nord a sud, si continuano a costruire e a progettare nuovi “campi nomadi” e a far confluire ingenti finanziamenti pubblici all’interno di un sistema – quello dei “campi” – che produce esclusione sociale e gravi violazioni dei diritti umani, in particolare dei minori, dal diritto all’istruzione al diritto a un alloggio adeguato, dal diritto alla salute al diritto al gioco”.

La situazione più drammatica è quella vissuta dai minori, con dati che dovrebbero spingere a riflessioni importanti:

Un "figlio del campo" avrà possibilità prossime allo zero di accedere a un percorso universitario, mentre le possibilità di frequentare le scuole superiori non supereranno l’1%. In 1 caso su 5 non inizierà mai il percorso scolastico […] La sua aspettativa di vita risulterà mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione mentre da maggiorenne avrà 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminato a causa della propria etnia

Tali criticità rimandano al "nesso" fra le politiche "discriminatorie e segregative e un radicato antiziganismo", con l'inquietante rassegna degli episodi di razzismo e violenza avvenuti nel solo 2014: "Dei 443 episodi di discorsi d`odio contro i rom registrati dall'Osservatorio dell'Associazione 21 luglio, l'87% risulta riconducibile a esponenti politici. Numerosi sono stati gli episodi violenti avvenuti a Poggioreale, Latina, Vimercate, Querceta, Città di Castello, Padova e Acilia che hanno avuto per bersaglio i rom".

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