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In America sposi, in Italia ricchioni

Il sì ai matrimoni omosessuali negli Stati Uniti non ci riguarda. Vediamo da lontano l’evoluzione della società ma in Italia restiamo ancorati a vecchi e tristi schemi. Basta guardare la crociata del sindaco di Venezia contro i testi che parlano di coppie gay. Qui da noi la tolleranza (che parte dalle scuole e dalle famiglie) è un processo ancora tutto da realizzare.
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«Ma tu hai capito che significa, questo ‘ricchione' che ti hanno detto a scuola
«Certo mamma! Significa avere le orecchie grandi
Dialogo genitore-figlio. Molti anni fa.

Mi scuserete: non mi sono fatto il profilo arcobaleno come suggerisce Facebook, il social network che plaude al matrimonio omosessuale negli Usa e al gay pride e poi se pubblichi l'immagine de L'origine du monde di Gustave Courbet ti banna per dieci giorni. Non ho nemmeno preso troppo per i fondelli Mario Adinolfi e il popolo del Family Day, sperando in una loro pacata riflessione (niente da fare, non lo accettano, non ci arrivano, niente…). Insomma, sono contento, dei matrimoni gay negli Stati Uniti ma contento come lo puoi essere guardando dalla finestra una cosa che ti piace.

Già, perché in Italia sul tema delle unioni civili non è cambiato nulla. In America sono sposi, qui sono ancora ricchioni. Froci, culattoni, rottinculo, lesbiche di merda. O come dicono certi amici del Family Day "gaissimo/a", pensando di ridicolizzare come si fa nei regimi a pensiero unico con chi non è come te.

In Italia gli omosessuali hanno e avranno ancora vita dura e non è solo colpa dell'assurda guerra al ddl Cirinnà (voglio ribadire quel che è stato già ben scritto: ma di cosa avete paura?). È anche e soprattutto una questione di educazione, di civiltà, di tolleranza. Che è un seme da piantare in giovane età. Più cresci, più è difficile diventare tollerante se non l'hai imparato da giovane. Ecco cosa sono le Sentinelle in piedi: persone cui non è stato spiegato in giovane età il valore della tolleranza e del rispetto verso le idee altrui; verso la vita altrui.

Invece qui ci troviamo davanti personaggi improbabili come il nuovo sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, capace di fare una lista degna dell'Inquisizione, degna dei Bücherverbrennungen, i roghi di libri dell'epoca nazista. Eccoli, i libri ‘vietati' dalle biblioteche delle scuole materne, secondo il primo cittadino veneto. Non è terribile il solo gesto di vietare le parole? E invece in Italia nessuno batte ciglio.

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Il dialogo che ho riportato all'inizio di quest'articolo io l'ho avuto con mia madre. Avrò avuto sette, otto anni al massimo. Lo ricordo ancora a trent'anni di distanza. Perché non ho ricevuto un pistolotto moralista né un ammonimento. Non ho ricevuto, devo dire, nemmeno uno di quei libri che oggi il sindaco di Venezia vorrebbe cancellare (era molti anni fa). Una cosa l'ho avuta e ne sono contento: la capacità di pensare senza pregiudizi. Se così non fosse stato, questo pezzo non sarebbe mai nato.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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