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Imprese, l’allarme di Confcommercio: “Per ogni apertura ne chiudono due”

Nei primi cinque mesi dell’anno continua il trend negativo per le imprese del terziario con un saldo tra aperture e chiusure sempre in rosso. Difficoltà maggiori per il settore alloggio e ristorazione e per il Sud.
A cura di Antonio Palma
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Per ogni nuova apertura di un negozio o azienda del settore terziario in Italia ben due chiudono, con il saldo tra aperture e chiusure che continua ad essere negativo. È quanto emerge dai dati dell'Osservatorio sulla demografia delle imprese del mese di giugno realizzato dall'Ufficio Studi di Confcommercio. I risultati dello studio fotografano una situazione ormai quasi consolidata e mitigata solo dal fatto che il saldo tra aperture e chiusure nei primi cinque mesi del 2014 risulta in leggero rallentamento rispetto all'anno scorso (-52.716 unità contro -55.815 dei primi 5 mesi del 2013). Ancora peggio va nel settore delle attività di alloggio e ristorazione, dove la crisi del comparto servizi si fa sentire più forte e dove si registra  un peggioramento del saldo nei primi mesi dell'anno, passato da -7.612 a -7.752. Da evidenziare purtroppo che quasi un terzo delle chiusure complessive si registra nel sud dell'Italia, un fattore territoriale che conferma la particolare debolezza del sistema imprenditoriale del Mezzogiorno.

Nessun segnale di ripresa per le aziende

In generale però in tutte le ripartizioni territoriali, nei primi cinque mesi del 2014, "il numero di cancellazioni delle imprese dell'area Confcommercio è stato più elevato delle nuove iscrizioni". Nel Nord-Ovest e nel Nord-Est il saldo negativo si è leggermente attenuato rispetto allo stesso periodo del 2013 grazie ad un calo delle cancellazioni, mentre al Centro c'è stato un peggioramento. A livello regionale invece le regioni che si distinguono per una riduzione del proprio saldo negativo rispetto al 2013 sono Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Campania e Sardegna. Al lato opposto peggiorano il saldo Lazio e Sicilia. Secondo Confcommercio, questi dati "confermano, da un lato, il persistere di una fase di debolezza del ciclo economico e l'assenza di concreti e significativi segnali di ripartenza; dall'altro, evidenziano come le imprese di questo comparto, nonostante le difficoltà legate ad una domanda interna stagnante, all'elevata pressione fiscale, a un limitato accesso al credito, ai mancati pagamenti dei debiti della P.A., riescono a contenere gli effetti del protrarsi della crisi".

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