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Immigrazione: “gruppi armati vicini all’Isis dietro gli ultimi sbarchi in Italia”

I viaggi della speranza sarebbero stati usati autofinanziare le attività terroristiche di gruppi armati libici, secondo una inchiesta della Dda di Palermo. Emesso un mandato di cattura internazionale per tre persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani.
A cura di Biagio Chiariello
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Ci sarebbe anche l’ombra dell’Isis dietro il fenomeno dell’immigrazione verso le coste siciliane.  Sarebbero diversi gruppi armati libici a organizzare, per autofinanziarsi, i “viaggi della speranza” verso Lampedusa e altre località in qualche collegate al fenomeno degli sbarchi. L’allarme emerge da un fascicolo di indagine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Il gup del capoluogo siciliano ha già emesso mandato di cattura internazionale per tre persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani. Si tratta di Ermias Germay, etiope che risiederebbe in Libia, John Mharay, sudanese che, secondo le informazioni dei Servizi si troverebbe in Sudan, a Khartoum, e Shamshedin Abkadt, eritreo. Da alcune intercettazioni emerge infatti un collegamento tra i tre e gruppi di miliziani libici. "Abbiamo guadagnato un milione di dollari", dice in una telefonata "ascoltata" dagli investigatori un personaggio che fa parte di un sodalizio combattente. Ora i magistrati stanno cercando di ricostruire di quale tra le fazioni che si fronteggiano in Libia si tratti.

Le indagini della Dda palermitana avrebbero inoltre individuato stretti collegamenti, soprattutto attraverso i social network, tra migranti di religione islamica residenti in Sicilia e personaggi vicini allo Stato Islamico. La conferma del collegamento tra i viaggi in mare dei profughi verso l’Italia e le frange armate libiche emergerebbe anche un fatto avvenuto il mese scorso a largo delle coste del paese nordafricano: una motovedetta della Guardia Costiera, impegnata nelle operazioni di soccorso di un gruppo di immigrati, fu attaccata da uomini armati. Il personale della Capitaneria di Porto non rispose al fuoco, per evitare che i passeggeri si facessero male mentre si preparavano ad essere trasferiti a bordo della motovedetta italiana. E i libici, che apparterrebbero allo stesso gruppo intercettato dalla Dda, riuscirono ad appropriarsi barcone usato per la traversata del Canale di Sicilia.

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