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Immigrazione. Gli Scafisti? Spesso disperati reclutati in cambio del viaggio gratis

Un prete che lavora accanto ai migranti spiega che i veri trafficanti non rischiano più la vita o il carcere ma delegano il ruolo di “scafisti” a dei disperati, in cambio di uno sconto sul viaggio.
A cura di Davide Falcioni
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Il governo italiano li ha indicati come i primi responsabili delle tragedie nel Mar Mediterraneo: gli "scafisti" sono diventati i "nemici pubblici" da colpire a ogni costo, come se così facendo fosse possibile sradicare le cause dell'immigrazione. Non è un caso che l'Unione Europea, nel suo vertice odierno, discuterà dell'affondamento dei barconi evitando qualsiasi riflessione sulla politica estera adottata negli ultimi anni dalle potenze occidentali.

Ma siamo sicuri che le responsabilità delle tragedie siano esclusivamente dei trafficanti? E soprattutto, chi sono gli scafisti? Vengono descritti come uomini senza scrupoli, pronti a incassare migliaia di euro dai migranti disperati: ma per quale ragione dovrebbero rischiare la loro vita in mare, oppure l'arresto una volta arrivati in Italia, quando potrebbero comodamente "delegare" a qualcun altro il ruolo di "traghettatore"? Secondo don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, sempre più spesso al timone di barconi di fortuna e gommini ci sono gli stessi migranti, istruiti alla meno peggio dai veri trafficanti che non si sognano minimamente di rischiare la vita o il carcere. Intervistato da Redattore Sociale il sacerdote ha spiegato: "Sugli scafisti non si può generalizzare. Da quando è stato istituito il reato del favoreggiamento all’immigrazione – spiega Zerai – abbiamo visto dei cambiamenti: non arrivano più i veri scafisti".

Ma come funziona il reclutamento? Semplice: si cerca tra i migranti chi possa avere un minimo di competenze in navigazione e gli si offre uno sconto sul viaggio: "Basta che qualcuno dice di sì in cambio di un viaggio gratis o a minor prezzo che gli fanno vedere come si fa e così in breve tempo li mandano in mare aperto – spiega Zerai -. Me ne accorgo quando mi chiamano dal barcone: non sanno usare il telefono satellitare. Non sanno neanche verificare la loro esatta posizione. Uno scafista che conosce bene quel che fa non ha problemi, invece molte volte devo spiegare io al telefono come fare per andare sul menu del cellulare, cercare la parola Gps e leggere quello che c’è scritto, cioè la loro posizione. Questo spesso accade perché li mandano allo sbaraglio dopo poche istruzioni. Ultimamente è capitato spesso che al comando di un barcone ci fosse un profugo qualsiasi. E una volta in Italia vengono identificati come scafisti”.

Secondo Zerai capita spesso che i trafficanti accompagnino i migranti fino al confine delle acque internazionali, per poi passar loro il timone e tornare indietro: "I veri scafisti non vogliono rischiare più e mandano dei disperati. Spesso nigeriani, eritrei, etiopi o somali”. "Arrivano fino a un certo punto del Mediterraneo e poi dalle navi madre i migranti vengono trasbordati in barche più piccole o gommoni e mandati incontro alla morte o se sono fortunati, ai soccorsi. I veri scafisti restano sulle navi madre”.

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