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“Il trip di Don Chisciotte”, in scena attori disabili e malati psichici

Questa sera al Teatro Quirino di Roma debutterà il Don Chisciotte di Dario D’Ambrosi, attori disabili e malati psichici metteranno in scena la metafora del cavaliere errante. Così la disabilità diviene eroismo.
A cura di Silvia Buffo
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Il regista Dario D'Ambrosi saluta il pubblico insieme ad un attore speciale
Il regista Dario D'Ambrosi saluta il pubblico insieme ad un attore speciale

Questa sera al Teatro Quirino, nel cuore di Roma debutterà uno spettacolo speciale “Il trip di Don Chisciotte” e resterà in scena fino a domenica 25 settembre. Si tratta dell'ultimo lavoro speciale di del regista Dario D'Ambrosi, da oltre trent'anni impegnato nel brillante intento di unire teatro e disabilità, e in molti casi teatro e follia. Un binomio che D'Ambrosi fa sempre risultare virtuoso, con la sua Medea, tragedia interpretata da attori disabili e con disturbi psichici, ha infatti conquistato il teatro La Mama di New York e non una sola volta. Anche questa volta lo spettacolo vede la partecipazione dei ragazzi con disabilità che frequentano il Teatro Patologico, affiancati da attori professionisti.

D'Ambrosi sceglie Don Chisciotte, metafora di forza e rivoluzione

Dario D'Ambrosi è un maestro nell'estrapolare dai classici della letteratura mondiale metafore esistenziali. sentimenti universali. Anche questa volta fa centro con la scelta del De Cervantes, spettacolo liberatorio e viaggio metaforico. Il progetto ha coinvolto anche il lavoro degli studenti del primo corso universitario al mondo di “Teatro Integrato dell’Emozione”, rivolto a persone con disabilità fisica e psichica. Mentre l’Associazione del Teatro Patologico si è focalizzata su un'attenta analisi dell’opera di Miguel De Cervantes, “Don Chisciotte della Mancia”, mettendo al centro il personaggio del cavaliere errante.

La follia come rifiuto della volgarità e bassezza del reale

Lo spettacolo eredita dal testo tutto il mood picaresco e lo stile dissacrante tipico di De Cervantes, che si dissocia dall'opera di cavalleria che lo precede, attraverso un approccio satirico verso un tipo di letteratura che vedeva nella sua costruzione del reale un’evidente frattura con la realtà stessa, con il quotidiano: proprio come accade oggi al disabile. L’hindalgo idealista cervantesiano è portavoce di un’umanità che vuole emanciparsi dall’ordinario, dal normale, dal prestabilito, un sognatore matto, che lotta contro i mulini a vento, reali o metaforici, che la società gli impone e che lui non accetta, accrescendo, attraverso la naturale propensione al titanismo, la sua dignità. Chi è Don Chisciotte se non un disabile mentale ricco di virtù interiori?

La disabilità diviene eroismo

Una scena dello spettacolo "Il Trip di Don Chisciotte"
Una scena dello spettacolo "Il Trip di Don Chisciotte"

L'attore disabile può edificare da sé la sua figura eroicizzata, intenta nell'obiettivo di concretizzare la propria dignità nel posto ideale, all’interno dello spazio sociale ed umano in cui vivere. L’adattamento di D’Ambrosi pone come elemento centrale della rappresentazione il rapporto tra corpo e linguaggio: un corpo che si fa lingua e comunicazione attraverso l’importantissimo ruolo che svolgerà la musica dal vivo, a cura di Francesco Santalucia e per il coro del maestro Papaceccio. Mentre per l'allestimento, oltre a D'Ambrosi, la cura è di Mauro Cardinali, mentre la scenografia di Francesco Bronzi ed i costumi di Nicoletta Taranta.

Dario D’Ambrosi, una carriera dissonante

I primi passi di Dario D'Ambrosi sulla scena romana risalgono agli inizi degli anni ’80, in un luogo bellissimo come l’Uccelliera di Villa Borghese. Il pubblico presente rimase sbigottito di fronte ad un giovane in camicia di forza e con una gabbietta per uccelli vuota in mano. Quegli ignari spettatori si chiesero tutti la stessa cosa:

“Ma è un matto uscito dal manicomio o un attore che recita la parte di un folle”?

Molti erano convinti si trattasse di un pazzo introdottosi per caso in quel luogo teatrale. D’Ambrosi era giovane ma avrebbe fatto molta strada. Dopo altri singolari lavori teatrali presentati al Teatro dell’Orologio e al Valle di Roma, Dario D’Ambrosi diventa il flagellatore di Cristo nella Passione di Mel Gibson e recita al fianco di Anthony Hopkins e Jessica Lange nel Titus di Julie Taymor. Si fa, quindi, conoscere dal grande pubblico italiano con la serie televisiva Romanzo Criminale, dove veste i panni del capo ispettore Canton, assistente di Scialoja. E a vent’anni dal debutto fonda il Teatro Patologico, un luogo magico e pieno di energia, che D’Ambrosi dirige in Via Cassia, a Roma.

Il Teatro Patologico e le malattie mentali gravi

Uno degli attori del Teatro Patologico
Uno degli attori del Teatro Patologico

Fondato nel 1992 da Dario D’Ambrosi, ideatore e direttore artistico, dallo stesso anno ha inizio un lavoro unico e universale: trovare un contatto tra il teatro e le gravi malattie mentali. Dal 2009 ha il suo teatro stabile in via Cassia 472 a Roma, dove apre il Primo Corso Universitario al mondo dio “Teatro Integrato dell’Emozione”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. L’intento di D’Ambrosi è quello di stimolare la libertà creativa degli studenti senza influenzare didatticamente la loro sensibilità, permettendo ad ognuno di trovare uno spazio in campo teatrale. Docenti, allievi, operatori sociali interagiscono con la partecipazione attiva dei familiari dei disabili che hanno trovato per certi versi una seconda casa e il loro rifugio creativo. Il lavoro del Teatro Patologico è stato presentato a Parigi, Barcellona, Amsterdam, Praga, Madrid, Monaco, Londra e Stati Uniti e per il 2017 sono in programma due tournée, rispettivamente a Tokyo e Los Angeles.

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