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Il terrorismo 15 anni dopo l’11 settembre? È molto più forte di allora

La lotta al terrore non ha fatto altro che irrobustire le file del “nemico”. Solo nel 2015, ci sono stati 11.774 attacchi terroristici nel mondo; più di 28.000 persone hanno perso la vita e altre 35.300 sono rimaste ferite.
A cura di Mirko Bellis
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Abu Bakr al-Baghdadi, Bin Laden, Isis, Al Qaeda
Osama bin Laden e Ayman al Zawahiri (a sinistra). Abu Bakr al Baghdadi, il Califfo dello Stato islamico (a destra)

L’attentato a New York e Washington del 2001 ha segnato un prima e un dopo nella storia recente. Sono passati quindici anni dall'attacco alle Torri gemelle e al Pentagono ma la paura non è diminuita perché il terrorismo ha assunto dimensioni nuove e più spaventose. Da quando gli Stati Uniti si scoprirono sotto attacco, la “Guerra al terrore” proclamata da George W. Bush ha portato prima all'invasione dell’Afghanistan e, nel 2003, col falso pretesto delle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein, dell’Iraq. La conquista di Baghdad e la caduta del dittatore iracheno hanno mutato gli equilibri geopolitici in tutto il Medio Oriente e aperto il vaso di Pandora. Gli interventi militari voluti da Bush Jr. e dai NeoCons al suo fianco (Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Condoleezza Rice, ecc.) avrebbero dovuto rendere il mondo un posto più sicuro. Però anziché sconfiggerlo, quindici anni di "guerre senza frontiere", hanno reso il terrorismo molto più forte di prima.

Ad Al Qaeda si è aggiunto il fanatismo dello Stato Islamico e di altri gruppi che compongono la galassia jihadista in giro per il mondo. La sfida all'Occidente non ha più come protagonista Osama bin Laden – ucciso in Pakistan nel 2011 – ma ha assunto un nuovo volto, possibilmente ancora più temibile: quello di Al Baghdadi e del sedicente Stato islamico.

Proprio dal caos generato dalla guerra in Iraq, l’evoluzione della rete di Osama bin Laden ha portato alla nascita del Califfato come lo conosciamo oggi. Le origini del gruppo risalgono infatti ad Al-Qaeda in Iraq, fondata da Abu Mus'ab al-Zarqawi nel 2004 per combattere l'occupazione degli Stati Uniti e il governo iracheno sciita instaurato dopo il rovesciamento di Saddam Hussein. Successivamente, l’organizzazione venne rinominata Stato islamico dell'Iraq (2006–2013), fino ad arrivare allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil/Isis). Se è possibile dunque tracciare una certa continuità tra Al Qaeda e i fanatici di Al Baghdadi, esistono tuttavia profonde differenze che rappresentano il cambiamento del terrorismo jihadista in questi anni. Nel 2001, Al Qaeda era un’organizzazione basata su cellule sparse in tutto il mondo, l’espansione dell’Isis invece ha portato ad occupare gran parte del territorio dell’Iraq e della Siria e ha proclamare la nascita di un Califfato.

Se solo fino a qualche anno fa, gli Stati Uniti erano ritenuti il nemico numero uno, ora il fanatismo islamista ha ampliato il suo raggio d'azione, prendendo di mira tutti gli angoli della terra. Nel 2015, ci sono stati 11.774 attacchi terroristici nel mondo; più di 28.000 persone hanno perso la vita e altre 35.300 sono rimaste ferite. Fino a poco fa era Al Qaeda il simbolo del terrore per eccellenza, ora è l'Isis che sta dimostrando di essere più al passo con i tempi. La nascita e diffusione dei social ha segnato una rivoluzione anche per i terroristi. Le cassette con l’audio di Bin Laden – che le televisioni di tutto il mondo mandavano in onda con la foto del terrorista con l’immancabile kalashnikov sullo sfondo delle montagne afgane – appaiono preistoria. Adesso la propaganda jihadista corre veloce grazie ai social network e i video in stile hollywoodiano sono realizzati da vere e proprie agenzie di comunicazione al servizio dello Stato islamico.

A cambiare in questi quindici anni è stato anche il modus operandi dei jihadisti. L’11 di settembre richiese una preparazione di mesi e un’accurata organizzazione, gli ultimi attentati di matrice islamica sono state azioni molto più semplici e, come abbiamo visto in Francia o Germania, realizzate da persone non schedate dai servizi di intelligence, dei terroristi “fai da te”.

Anche la capacità di attrarre nuovi combattenti ha segnato l’evoluzione del terrorismo post-11 settembre. Il Califfato è stato molto abile ad approfittare del caos generato della dissoluzione dell’Iraq e dalle guerre civili in Libia e Siria. Lo Stato islamico è riuscito ad richiamare nuovi combattenti (in molti casi anche cittadini occidentali) in una maniera che Al Qaeda non è mai stata in grado di fare. E ora la minaccia proviene da attentatori nati in Europa e andati a combattere nelle fila dell’Isis in Siria e Iraq, i cosiddetti foreign fighters.

Nonostante i miliardi di dollari spesi nella guerra al terrorismo lanciata all'indomani degli attentati dell’11 settembre (dal 2001, oltre 9 trilioni di dollari nel mondo, 1,16 trilioni di miliardi solo dagli Stati Uniti), Al Qaeda continua ad essere presente in molti Paesi mediorientali. Nel corso degli anni l’organizzazione ha moltiplicato le proprie “filiali” e adesso esiste: Al Qaeda nel Maghreb Islamico, Al Qaeda nella Penisola araba (molto attiva nello Yemen), il Fronte al-Nusra in Siria e in Somalia la formazione Al-Shabaab. La rete terrorista – nata nel 1989 con il supporto degli stessi Stati Uniti per combattere l’invasione dell’Afghanistan da parte dei russi – ha dimostrato di poter sopravvivere alla morte del suo fondatore. E sebbene nel corso di questi anni sia stata surclassata come pericolosità da parte dei fanatici dell’Isis rappresenta ancora – come riconoscono molti analisti- un pericolo. Secondo Charles Lister, esperto in gruppi terroristi del Middle East Institute, Al Qaeda sopravvivrà alla fine dello Stato Islamico e la minaccia che rappresenterà sarà la stessa dell’11 settembre.

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