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Il sinodo sulla famiglia apre al riconoscimento di diritti ai gay. Anzi, no

I vescovi non si riconoscono in una lettura pro-omosessuali del documento di metà lavori e stanno lavorando alacremente per una stesura differente del testo finale. Critici alcuni dei più influenti cardinali di Curia.
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Due gay di fede cattolica si baciano davanti al Colosseo.
Due gay di fede cattolica si baciano davanti al Colosseo.

I vescovi riuniti nel sinodo straordinario sulla famiglia aprono al riconoscimento di nuovi diritti ai gay. Anzi no, ancora una volta la Chiesa cattolica dimostra chiusura nei confronti degli omosessuali, non riconoscendo loro il diritto di sposarsi e di essere felici. Il fatto che i media di tutto il mondo diano lettura così completamente differenti tra di loro della “relatio post disceptationem” dei padri sinodali, che tra poche ore termineranno il proprio lavoro, è un segno tangibile della profonda confusione che regna tra gli alti prelati e del fatto che, al momento, trovare una sintesi tra posizioni più tradizionaliste e quelle più progressiste è molto difficile.

Andiamo per ordine: domenica scorsa è stato presentato il documento di metà lavori in cui si  leggevano frasi come “le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana” o “la questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale.” Subito è scattato il plauso di quanti hanno ritenuto opportuno valutare positivamente queste parole, omettendo, in molti casi di riportare delle frasi scritte un paio di righe più sotto che però frenavano facili entusiasmi: “la Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna. Non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender.” Alla fine, dunque, la posizione dei padri sinodali è apparsa estremamente confusa e contraddittoria, condita da un pizzico di cerchiobottismo: più attenzione e misericordia, dunque, per i gay, ma no assoluto a matrimoni tra persone dello stesso sesso ed alla teoria del gender, secondo la quale ciascuno è libero di scegliere a che sesso appartenere al di là del dato biologico.

In realtà, le posizioni contenute nel documento non sono per nulla distanti da quelle storiche della Chiesa cattolica, contenute nel Catechismo, dove si legge  che gli omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.” I rapporti tra omosessuali, dunque, anche per i padri sinodali restano “contro natura” ed “intrinsecamente disordinati” come insegna il Catechismo, eppure bisogna comportarsi con più delicatezza nei confronti delle singole persone valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio”. A questo, bisogna aggiungere che i padri sinodali chiedono di cogliere i “valori positivi” nelle convivenze e nei secondi matrimoni tra divorziati risposati, ma di espressioni simili, non c’è traccia nel paragrafo in cui si parla degli omosessuali. Se, dunque, il documento sinodale riporta in maniera evidente novità pastorali nei confronti di eterosessuali che vivono “unioni imperfette”, lo stesso non si può dire che accada nei confronti dei gay, con buona pace della stragrande maggioranza della stampa internazionale.

Subito dopo la presentazione della “relatio”, affidata dal Papa a esponenti progressisti, a cominciare dal cardinale arcivescovo di Budapest Peter Erdo ed al teologo italiano Bruno Forte, molti vescovi hanno ricusato il documento, a partire dal prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, il tedesco Gerhard Mueller, e dal prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica, l’americano Raymond Burke. Gli estensori della “relatio” sono stati accusati di aver scritto un testo confuso e, per qualcuno, addirittura anti-famiglia. In queste ore, nei “circoli minores”, cioè nei gruppi di lavoro che stanno approfondendo le diverse questioni affrontate dal sinodo sulla famiglia, il documento viene rielaborato in diversi suoi punti, visto che molti faticano a riconoscervi il proprio pensiero. Anzi, l’impressione generale è che i vescovi siano per la maggior parte sulle posizioni “storiche” della Chiesa e che chi ha redatto la sintesi appartenga ad una sorta di minoranza interna, che avrebbe, però, l’appoggio di papa Francesco.

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