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Il recesso per gravi motivi nella locazione e la pubblica amministrazione

La Cassazione del 9.10.2014 n. 26892 ha stabilito che in una locazione di un immobile stipulata da un Comune per allocarvi una scuola, la mera scelta del Comune di far costruire un proprio immobile per trasferirci la scuola, non costituisce idoneo motivo di recesso dalla locazione, occorrendo invece che detta scelta sia stata determinata da un’esigenza oggettiva, imposta dal dover esercitare la funzione scolastica e soddisfare l’interesse pubblico che ne è oggetto in modo più idoneo rispetto a quanto assicuri l’esercizio della funzione stessa in atto tramite l’utilizzo del bene condotto in locazione.
A cura di Paolo Giuliano
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L'ordinamento non vede i vincoli (contratti) con durata illimitata, (si sorvola sulla validità di un vincolo illimitato), infatti, prevede sempre un termine finale di durata (es. società, locazione) ed al termine naturale affianca la possibilità che una delle parti possa sciogliersi dal vincolo contrattuale in modo unilaterale mediante l'istituto del recesso.

Il recesso (come istituto generale) è regolato dall'art. 1373 c.c. il quale prevede che "Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita. E' salvo in ogni caso il patto contrario".

Questa norma, almeno per i contratti di durata (esecuzione continuata o periodica), prevede che il recesso può essere "riconosciuto" ad una o ad entrambe le parti con una specifica clausola negoziale oppure è possibile che il diritto di recesso sia "pagato", cioè è possibile che il diritto di recesso sia subordinato al pagamento di un corrispettivo (oppure, quanto meno, il diritto di recedere non sia gratuito). Questa situazione non è così anomala come si potrebbe credere, infatti, risponde a precisi interessi economici (basta pensare alla parte che subisce il recesso e al suo interesse diretto a non dover stipulare , di nuovo, un altro contratto con una diversa parte contrattuale).

Il diritto di recesso può spettare a tutte le parti contrattuali o solo ad una di queste (in base a quanto previsto nel contratto), quanto, invece, alle modalità con le quali eseguire il recesso, in assenza di forme previste dalla legge, è sempre opportuno effettuare la dichiarazione di recesso mediante forma scritta, quanto, poi, al soggetto che può validamente esercitare il recesso, la manifestazione della volontà di recedere spetta alla parte contrattuale (titolare del diritto di recesso) o ad un suo rappresentante.

Il recesso oltre ad essere riconosciuto in generale (1373 c.c.) può anche avere delle normative speciali che possono derogare o integrare la norma generale,  come nell'ipotesi della locazione ex art. 4 della legge del 27 luglio 19778 n. 392 "È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata".

Altra norma che regola il recesso del conduttore (locazioni commerciali) è l'art. 27 della legge del 27 luglio 1978 n. 392 il quale prevede che "é in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata".

E' opportuno sottolineare che l'art. 4 e 27 regolano solo il recesso del conduttore (nulla è previsto per il recesso del locatore).

Nel recesso del conduttore è  possibile che le parti si accordano per permettere al conduttore il recesso in qualsiasi momento (infatti, prevede l'art. 4 e 27 "è facoltà delle parti consentire che il conduttore possa recedere"), come è possibile che le parti si accordano per non prevedere nessun tipo di recesso a favore del conduttore.

Quest'ultima ipotesi dovrebbe essere quella tipica se nulla è detto dal contratto, in altri termini, il recesso in qualsiasi momento è possibile solo se è espressamente previsto dal contratto, in mancanza non è possibile nessun recesso, però, in quest'ultima ipotesi, il legislatore prevede che, (indipendentemente da quanto previsto nel contratto), il conduttore può (per un preciso diritto riconosciuto dal legislatore) recedere quando ricorrono gravi motivi.  Quindi, per il recesso del conduttore il sistema è strutturato nel senso che  le parti del contratto di locazione possono regolarsi, per quanto riguarda il recesso, come ritengono più opportuno (es. ammetterlo sempre, escluderlo sempre), ma, in ogni caso, se sussistono gravi motivi il legislatore riconosce al solo conduttore il diritto di recedere dal contratto con preavviso di sei mesi.

Ovviamente, il problema che si pone è quello relativo all'individuazione di "quando" o "in cosa" sussistono i gravi che legittimano il conduttore a recedere dal contratto (indipendentemente dalle specifiche clausole contrattuali o dagli accordi previsti nel contratto di locazione).

I gravi motivi devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del conduttore (quindi, in teoria la decisione del conduttore di un locale commerciale di acquistare la proprietà di un altro locale commerciale ove trasferire l'impresa non determina grave motivo di recesso).

I gravi motivi devono essere  imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto (e, qui, si apre tutta la questione se un evento futuro può essere dedotto in condizione determinando la fine del contratto di locazione, basta pensare, ad esempio, il presente contratto di locazione è sottoposto alla condizione risolutiva della concessione del  edilizia sul terreno XYW sul quale verrà costruito il nuovo magazzino del conduttore).

Ed, infine, i gravi motivi devono rendere al conduttore gravosa la prosecuzione del rapporto di locazione. Ciò significa, in relazione al requisito dell'estraneità, che il comportamento deve essere consequenziale a fattori obbiettivi, ma non che non sia volontario e che perciò, se il conduttore è un imprenditore commerciale, egli non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell' azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività. Usando questo parametro si può anche fornire una risposta alla domanda se la crisi economica è un grave motivo di recesso, la crisi economica le minori entrate del conduttore commerciale (dovute alla crisi economica) potrebbero essere un valido motivo di recesso solo se l'imprenditore non può adeguare la sua attività economica (es. riducendo il personale o effettuando la riduzione di altre spese) alla nuova situazione del mercato. Da quanto detto, si deduce, che il controllo sull'esistenza dei gravi motivi deve essere effettuata non in astratto, ma considerando anche l'attività concreta svolta dal conduttore.

Naturalmente, la scelta se esercitare il recesso (o meno) è una scelta soggettiva del conduttore nel senso che una volta che si è verificato un evento che integra i gravi motivi di recesso, la fine del contratto di locazione non è automatica, ma spetta sempre al conduttore decidere se recedere o meno.

Una volta che il conduttore ha decido di esercitare il recesso, deve indicare i motivi nella lettera di recesso  ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto potestativo di recesso (L. 27 luglio 1978 n. 392 art. 27), in tale ipotesi  è sufficiente che il conduttore manifesti, con lettera raccomandata o altra modalità equipollente, al locatore il grave motivo per cui intende recedere dal contratto di locazione, senza avere anche l'onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, né di darne la prova perché queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore" (Cass. 12 novembre 2003 n. 17042, 20 marzo 2006 n. 6095). Poiché si tratta di recesso "titolato" lo stesso non può prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul punto fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (Cass. 29 marzo 2006 n.7241).

Occorre, infine, sottolineare che questi principi si applicano anche quando il conduttore è la pubblica amministrazione (un comune stipula un contratto di locazione) e, questo, per una serie di motivi primo tra tutti il consolidato principio secondo il quale quando la p.a. stipula un contratto di diritto privato, come un comune soggetto privato è sottoposta alle stesse norme di una qualsiasi parte contrattuale.

L'unico vantaggio che potrebbe avere la p.a. (e che potrebbe giustificare il recesso) è quello relativo al ruolo che svolge la p.a., infatti, il recesso sarebbe giustificato se la p.a. riuscisse a dimostrare che per  situazioni sopravvenute alla stipula della locazione – per una migliore assicurazione del compito  e, dunque, nell'ottica del principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.) – non sarebbe stato più possibile proseguire la locazione (si pensi, ad esempio, ad una situazione in cui per il numero di alunni iscritti l'edificio condotto in locazione fosse divenuto anche solo in senso relativo insufficiente; oppure si pensi ad una situazione in cui l'assolvimento del compito tramite un edificio proprio localizzato altrove rispetto a quello condotto in locazione avrebbe consentito maggiore funzionalità nell'adempimento di compiti connessi). In tali casi, queste situazioni sopravvenute avrebbero  potuto assumere rilievo di situazione oggettiva e necessitante, estranea alla volontà del Comune, tali da giustificare il recesso per gravi motivi.

Cass., civ. sez. III, 9 ottobre 2014 n. 26892 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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