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Il reato di sottrazione fraudolenta dei beni ai danni del fisco: Cassazione 17.07.2012 n.28567

Commette il reato di sottrazione fraudolenta (ex art. 11 Dec. legislativo n. 74 del 10.03.2000) il contribuente che sottrae (vende, dona) i propri beni dopo aver ricevuto una cartella esattoriale, al fine di impedire la riscossione (recupero) coattivo delle imposte dovute.
A cura di Paolo Giuliano
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In un precedente articolo (intitolato "La protezione del patrimonio familiare: fondo patrimoniale, trust, vincolo di destinazione")  avevamo già parlato dell'esigenza di tutelare il proprio patrimonio in un periodo, come quello attuale, di crisi e avevamo indicato alcuni modi di tutela (fondo patrimoniale, trust, vincolo di destinazione).

Oggi, completiamo l'analisi della fattispecie, descrivendo l'altro lato della medaglia, l'aspetto illecito o distorto della protezione del patrimonio familiare, cioè la sottrazione fraudolenta dei beni ai creditori, in particolare, ci occupiamo della sottrazione (vendita, donazione fittizia)  dei beni compiuta dal contribuente che ha ricevuto una cartella esattoriale.

Il Decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000 denominato "Nuova disciplina dei Reati Tributari" all'art. 11 contiene una norma poco cososciuta, ma estremamente chiara, che sanziona gli atti di disposizione fraudolenti compiuti dal contribuente sul proprio patrimonio (inteso come l'insieme di beni mobili e immobili) al fine di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. In particolare l'art. 11 del Decr. Legls. n. 74 del 2000 rubricato con il titolo di "Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte" così dispone "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a lire cento milioni, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva".

In poche parole, questo articolo sanziona con la reclusione la sottrazione, intesa come attività di disposizione fraudolenta, di beni (mobili e immobili) compresi nel patrimonio del contribuente e compiuta al fine di impedire (o rendere inefficace) il recupero delle imposte sui redditi o il recupero dell'Iva. Per configurarsi il reato è necessario che le imposte dovute ammontano complessivamente a oltre 100 milioni di lire (oggi 50 mila euro circa).

Nel caso specifico la Cassazione ha chiarito che il reato si configura non solo quando l'esecuzione è materialmete iniziata, ma anche quando non è materialmente iniziata, in quanto, secondo la Casaszione, il reato sussiste anche esiste un titolo esecutivo (direi notificato) con cui si può iniziare l'esecuzione, (questo perchè si tratta di un reato di pericolo), ma la stessa non è ancora iniziata.

Cassazione, pen. sez. III, del 17 luglio 2012 n. 28567

Con la sentenza impugnata in Cassazione la Corte di appello ha confermato la sentenza del Tribunale del gennaio 2010, con la quale AZ era stato dichiarato colpevole del reato di cui alI’art. 11 del D. Lgs n. 74/2000, per avere, al fine di sottrarsi al pagamento di Imposte erariali iscritte a ruolo, scadute e non pagate, per l’importo di € 104.872,67, allenato simulatamene ad AU la proprietà di un immobile con rogito del marzo 2005, e condannato alla pena dl mesi otto di reclusione.

La sentenza di appello, rigettando i motivi di contestazione, ha affermato la sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo della fattispecie criminosa.

Si è osservato che, con riferimento all'elemento oggettivo del reato, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che al momento dell’alienazione fraudolenta di beni sia in atto una esecuzione coattiva tributaria, essendo sufficiente la notifica di cartelle esattoriali esecutive, che nel caso in esame era avvenuta prima della stipula del rogito per un importo superiore alla soglia di punibilità prevista dalla norma.

Si è osservato, poi, anche con riferimento all’elemento soggettivo del reato, che la simulazione del trasferimento della proprietà dell’immobile risultava, oltre che da una serie dl elementi indiziari, dalle dichiarazioni dello stesso simulato acquirente; che, però, la giustificazione attribuita da quest’ultimo all’acquisto fittizio non poteva ritenersi attendibile, mentre doveva essere ravvisata nella finalità perseguita dall'imputato di sottrarre Il bene immobile alle pretese del fisco, delle quali l’imputato era pienamente a conoscenza prima della stipula dell’atto notarile. La Corte territoriale ha inoltre applicato nei confronti dell'imputato le sanzioni accessorie di cui all’art. 12 del D. Lgs n. 74/2000, omesse dal giudice di primo grado.

Per completezza di esame si osserva che correttamente la sentenza impugnata ha affermato che, ai finì del perfezionamento del reato, non è richiesta la sussistenza di una procedura di riscossione In atto, trattandosi dl reato di pericolo (cfr. di recente sez. 3, Sentenza n. 36290 del 18/05/2011).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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