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Il papà di Renzi sentito dai giudici: “Matteo non c’entra”

Il padre del Premier ascoltato dai giudici come indagato nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della società di famiglia.
A cura di Antonio Palma
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"Matteo in questa storia non c’entra nulla, perché non ha mai saputo nulla", questo il senso di quanto dichiarato davanti ai giudici della procura di Genova da Tiziano Renzi, padre del Premier, per scagionare il figlio da ogni coinvolgimento nella storia giudiziaria che lo ha trascinato davanti ai pm. Secondo quanto scrive il Secolo XIX, Tiziano sarebbe riuscito a dribblare i cronisti e per questo l'interrogatorio è rimasto segreto per quasi un mese. Tiziano Renzi era stato convocato dal sostituto procuratore di Genova Marco Airoldi in qualità di principale indagato per bancarotta fraudolenta nell’indagine penale per il fallimento della società di famiglia, la Chill Post. Durante l'interrogatorio l'indagato si sarebbe difeso rigettando le accuse di bancarotta e ribadendo la totale estraneità del figlio ai fatti come già aveva fatto con una lettera pubblica in passato.

Perquisizione nella banca che diede il mututo

A quanto si apprende, nello stesso giorno dell'interrogatorio di Tiziano Renzi, la Guardia di Finanza, su ordine della Procura, ha effettuato una perquisizione nella sede della Banca di credito Cooperativo di Pontassieve per acquisire documenti relativi alla concessione del mutuo alla società e alle garanzie fornite da quest'ultima. In ballo infatti c'è un prestito di mezzo milione concesso alla società quando già era in difficoltà da parte della Banca in cui all'epoca sedeva come consigliere Matteo Spanò, amico e sostenitore del presidente del Consiglio. Al centro dell'inchiesta però c'è anche la vendita del ramo d'azienda sano della Chil alla società della madre del premier, Laura Bovoli, per soli 3800 euro. Secondo i pm infatti è con quella operazione che Renzi padre avrebbe svuotato la Chil Post di tutti i suoi beni lasciandola poi fallire.

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