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Il nuovo precetto ex art. 480 cpc dopo il Decreto Legge del 27.6.2015 n.83

Il Decreto Legge del 27.6.2015 n.83 art. 13 modifica l’atto di precetto (art. 480 cpc) introducendo l’obbligo di avvertire il debitore che può concludere con i creditori un accordo di composizione della crisi o un piano del consumatore (c.d. saldo e stralcio e/o di rateizzazione del debito o dei pagamenti) con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o con l’aiuto di un professionista nominato dal giudice.
A cura di Paolo Giuliano
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DECRETO-LEGGE 27 giugno 2015, n. 83

Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria. in G.U. Serie Generale n.147 del 27-6-2015

Art. 13  Modifiche al codice di procedura civile

1. Al  codice  di  procedura  civile  sono  apportate  le  seguenti modificazioni:

a) all'articolo 480, secondo  comma,  è  aggiunto,  in  fine  il seguente periodo: «Il precetto deve altresì contenere l'avvertimento che il debitore può, con l'ausilio di un organismo  di  composizione della crisi o  di  un  professionista  nominato  dal  giudice,  porre rimedio alla  situazione di sovraindebitamento concludendo  con  i creditori un accordo di composizione della crisi  o  proponendo  agli stessi un piano del consumatore.

Prima di poter recuperare il proprio credito, il creditore si trova a dover ottenere una serie di documenti (titolo esecutivo) e deve adempiere ad una serie di formalità (notifica del titolo in forma esecutiva, notifica del precetto) previste dalla legge, o anche dal codice deontologico (avvertimento dell'inizio dell'esecuzione forzata).

Si sorvola sulle difficoltà di individuare i beni da rendere oggetto di esecuzione forzata derivanti dall'individuazione dei beni pignorabili (si ricorda che il medesimo decreto legge n. 83 del 2015 ha introdotto il nuovo 2929 bis c.c. , il quale permette l'esecuzione forzata su beni oggetto di vincolo di indisponibilità o di trasferimento gratuito, in assenza di sentenza di inefficacia dell'atto, se il pignoramento è avvenuto entro un anno dalla trascrizione dell'atto e se il credito è sorto prima dell'atto con cui si crea il vincolo di indisponibilità o si effettua il trasferimento gratuito) o di altre questioni relative alla comproprietà del bene o derivanti dalla morte del debitore derivanti da  terzi coinvolti nella procedura esecutiva (ufficiale giudiziario).

Con il decreto Legge del 2015 n. 83 si pone a carico del creditore un ulteriore adempimento formale: quello di informare il debitore (con il precetto) che può rivolgersi ad un organismo qualificato o ad un professionista indicato dal giudice per trovare un accordo con il creditore relativo alla "composizione" della crisi.

Risulta evidente che questa novità pone subito due questioni:

1) se il debitore aveva la possibilità di chiudere la crisi con il creditore, perché ha atteso il precetto ? ma, soprattutto, dovendo il debitore rivolgersi ad un professionista (si suppone a titolo oneroso) la procedura sarà "economicamente conveniente" ? (oppure questa norma è solo un'latra norma di "nessuna applicazione pratica" ?);

2) altro problema è quello relativo all'identificazione dei mezzi con i quali giungere ad un accordo di "composizione della crisi", sul punto il legislatore è molto vago e si può dire che tali accordi possono riguardare una mera rateizzazione del pagamento fino a giungere ad una riduzione della domma dovuta con annesso ratizzazione del pagamento residuo.

Questi accordi, rientrando nell'ambito della transazione, pongono diversi problemi relativi al rapporto tra tutta questa procedura e l'esecuzione forzata (i tempi del precetto) e all'eventuale inadempimento all'accordo transattivo di composizione della crisi.

Una questione che va affrontata è quella relativa al rapporto tra l'eventuale richiesta del debitore di avere una "composizione della crisi" e il termine previsto dal medesimo articolo, secondo il quale decorsi 10 giorni dalla notifica del precetto è possibile iniziare l'esecuzione forzata. In altri termini, si pone il problema se l'eventuale richiesta del debitore di procedere ad un ripianamento del debito (senza l'esecuzione forzata) incide (o meno) sui 10 giorni (aumentando o dilatando o sospendendo) tale termine.

La risposta alla domanda dovrebbe essere negativa posto che non è prevista nessun tipo di "allungamento" del termine ex lege, quindi, anche in presenza di una richiesta del debitore di "ripianamento del debito"  l'esecuzione forzata potrà iniziare dopo 10 giorni dalla notifica del precetto.   Naturalmente, resta da comprendere se il creditore (in presenza di una solida e seria richiesta del debitore) effettivamente sosterrà i costi dell'esecuzione forzata.

Sussiste, anche un altro problema, quale sarà il rapporto tra questo accordo sul rientro della crisi ed il titolo esecutivo ? In altri termini, le parti si potranno accordare solo sulla dilazione dei tempi di pagamento, come potranno giungere anche ad una riduzione del quantum dovuto. In quest'ultima ipotesi in caso di inadempimento del debitore, sarà possibile azionare l'originario tiolo esecutivo, oppure, di dovrà ottenere un titolo esecutivo nuovo basato sul nuovo accordo di ristrutturazione della crisi ?

Inoltre,  supponendo che la procedura iniziata dal debitore giunga ad un accordo, è possibile che tale accordo comprenda il pagamento entro i 90 giorni di efficacia del precetto, così come è possibile che tale accordo superi i 90 giorni di efficacia del precetto, in tale ipotesi il creditore inizierà l'esecuzione forzata (per non perdere efficacia al precetto ed dover iniziare tutto ex novo ? l'eventuale nuovo termine di pagamento (stipulato dopo la notifica del precetto come inciderà sull'efficacia dello stesso ?).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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