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Opinioni

Il mancato godimento o uso del bene comune

La Cassazione del 17.03.2014 n. 6178 torna sulla questione relativa all’uso (1102 c.c.) del bene comune da parte di uno solo dei comproprietari e riconferma la possibilità dell’uso turnario del bene se non è possibile l’uso contemporaneo (l’alternativa è il pagamento di una indennità per il mancato godimento)
A cura di Paolo Giuliano
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Un bene in comune (ex art. 1100 c.c. – 1116 c.c.) tra più persone, presenta sempre grosse problematiche, che vanno da quelle relative alla mera gestione del bene, alla decisone (e a come deve essere assunta) relativa alla vendita dello stesso bene a terzi o a uno dei comproprietari.

In teoria, ogni decisione relativa al bene comune dovrebbe essere presa dall'assemblea dei comproprietari. Se, però, dal principio generale si passa all'applicazione pratica della questione, si nota che alcune decisioni possono essere assunte a maggioranza (riparazione del bene) altre devono essere assunte solo con il consenso di tutti i comproprietari (es. vendita del bene a terzi), in quest'ultimo caso, anche se si ottenesse il consenso di tutti i proprietari, il relativo contratto di trasferimento deve essere sottoscritto da tutti i proprietari, quindi, se nelle more tra la delibera di vendita e la stipula del contratto, qualcuno dei comproprietari cambiasse idea e non si presentasse alla vendita del bene, nulla potrebbe essere fatto (posto che la delibera di vendita sarebbe sostanzialmente inutile). Per non parlare di tutti i problemi che possono derivar anche solo dalla semplice locazione di un immobile comune.

Ecco, spiegato il motivo per il quale il legislatore riconosce a tutti i comproprietari il diritto di richiedere lo scioglimento della comunione (divisione), poiché   questo è un modo per eliminare una possibile fonte di problemi; si potrebbe addirittura sostenere che il legislatore agevola e facilità (spinge verso) lo scioglimento della comunione, in altri termini, la comunione (lo stato di comunione) è una situazione "provvisoria" destinata a terminare con la divisione della res comune.

La divisione, però, è solo un traguardo  che dovrà essere raggiunto e prima di raggiungere tale destinazione ci sarà molta strada da fare e ci si troverà a dover risolvere molti problemi, basta pensare  a tutti quei casi nei quali il bene in comune non può essere usato contemporaneamente da tutti i comproprietari e, di fatto, viene usato goduto solo da uno dei comproprietari, (si pensi ad una abitazione piccola non divisibile o ad un cortile adibito a parcheggio che non può ospitare, come parcheggio, tutte le auto di tutti i comproprietari).

Quando il bene comune viene usato da uno solo dei comproprietari, sorge immediatamente la domanda:  perché devi usare solo tu il bene e non anche io, visto che siamo tutti proprietari e visto che anche io pago le spese di gestione del bene quanto, di fatto, l'unico che usa il bene in comune sei tu ? Una volta accesa la miccia, lo scoppio della bomba porta solo a liti e ad una divisione giudiziale, che dovrà considerare (quantificare) anche l'uso del bene da parte di uno solo dei comproprietari oppure, (per usare altre parole)  il mancato uso da parte di alcuni dei comproprietari.

Prima di una soluzione giudiziale possiamo tentare di analizzare quali sono i principi in materia di uso del bene comune per valutare se è possibile trovare delle soluzioni alternative.

Il principio base è posto dall'art. 1102 c.c. rubricato come "Uso della cosa comune" il quale dispone che "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".

Questo però, non esclude il fatto che possono esserci delle situazioni nelle quali l'uso del bene comune da parte di tutti i comproprietari non è possibile (si pensi, si ripete ad una abitazione di modeste dimensioni, che non può ospitare tutti i comproprietari o si pensi ad un cortile adibito a parcheggio nel quale non possono entrare le auto di tutti i proprietari).

Il fatto che il bene non possa essere usato da tutti i proprietari contemporaneamente non impedisce che qualcuno (da solo) possa usare il bene. In tutte queste situazioni il problema è valutare se sono ammissibili soluzioni che  consentono l'uso del bene a tutti (eventualmente un uso turnario del bene) oppure occorre trovare una soluzione che eviti a colui che usa il bene di arricchirsi in modo indebito e che permetta a colo che non usano il bene di non essere danneggiati ingiustamente.

Una prima soluzione è quella di studiare la fattibilità dell'uso turnario del bene, in poche parole, nel corso di un dato arco di tempo (es. un anno)  il bene viene usato a turno da tutti i comproprietari  (se i proprietari sono 6 si potrebbe pensare di usare il bene a turno di 2 mesi ogni anno), in questo modo, nessuno dei proprietari sarà escluso del godimento e ogni proprietario, a fronte delle spese di gestione del bene,  avrebbe il godimento dello stesso.

Occorre solo valutare se il diritto a godere del bene (anche se in modo turnario) sorge immediatamente o se Il diritto all'uso (anche se turnario) sorge solo su richiesta del comproprietario. Sul punto occorre distinguere il diritto all'uso anche se turnario (che in quanto tale è connaturata al diritto di proprietario) che  sorge immediatamente,  dal diritto dal risarcimento del danno per il mancato uso del bene comune, che sorge nel momento in cui viene, espressamente richiesto l'uso del bene (anche se turnario), ma viene impedito l'uso (anche se solo turnario) del bene oppure nel momento in cui viene meno l'eventuale acquiescenza verso un uso esclusivo del bene (l'acquiescenza verrà meno nel momento in cui sarà richiesto l'uso del bene), per chiarire quest'ultimo aspetto si pensi a due fratelli che ricevono in eredità dai genitori un appartamento e uno dei due permette che all'altro di abitarci per sopperire ad un momentaneo sfratto.

Purtroppo, non per tutti i beni è possibile l'uso turnario, ecco, quindi, che occorre evitare che l'unico comproprietario che usa il bene (oltre la propria quota) possa beneficiare di un vantaggio ingiusto. così come occorre evitare che il comproprietario che non usa il bene debba ricevere un danno per il mancato uso del bene a fronte dell'obbligo di pagare le spese di gestione di un bene che non usa.

Una seconda soluzione è quella di attribuire i frutti naturali e civili prodotti dal bene in comune anche al proprietario che non usa la res.

Quindi se si tratta di un terreno agricolo produttivo di frutti naturali, una quota dei frutti naturali deve essere consegnata anche all'altro proprietario.

Se, invece, si tratta di un bene che non produce frutti naturali, ma potrebbe produrre delle rendite, (o frutti civili) il proprietario che usa in modo esclusivo il bene dovrebbe versare (all'altro comproprietario) una sorta di indennità per il mancato godimento del bene (ovviamente nei limiti del valore della quota).  La questione è stata così descritta dalla Cass. civ. sez. II del 5 settembre 2013 n. 20394 ha affermato che "il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile“.

In altri termini, se un piccolo appartamento è in comproprietà tra 4 fratelli e solo uno di questi usa il bene, e se l'appartamento potrebbe essere affittato a terzi ad un canone di 800 euro, il comproprietario che usa il bene dovrebbe versare agli altri comproprietari l'indennità per il mancato godimento dell'immobile, tale somma sarebbe determinata sottraendo dalla a somma di euro 600 (800-200=600), in questo modo si eviterebbero le sperequazioni (e/o ingiusti danni e ingiusti vantaggi)  tra colui che usa il bene e colui che non usa il bene (ma deve sopportare comunque i costi di gestione).

Cass. civ. sez. II, del 17 marzo 2014 n. 6178 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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