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Il condominio parziale e i beni condominiali ex art. 1117 c.c.

La Cassazione del 29.01.2015 n. 1680 ha stabilito che l’art. 1117 c.c. (beni condominiali) contiene un’elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un’oggettiva e concreta destinazione al servizio comune di tutte o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà individuale. Nel quale ultimo caso, inverandosi l’esistenza di un c.d. condominio parziale, deve ritenersi nulla, per violazione della norma imperativa di cui all’art. 1118 comma 2 c.c., la clausola del contratto di vendita di una singola unità immobiliare che escluda la coeva cessione della comproprietà su una o più cose comuni”
A cura di Paolo Giuliano
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L'art. 1117 c.c. elenca i beni che possono dirsi condominiali.

In particolare l'art. 1117 c.c. prevede che "Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

  1. tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
  2. le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;
  3. le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Anche se l'originaria versione dell'art. 1117 c.c. (presente nel codice civile del 1942)  è stata integrata nel 2012 dopo la riforma del condominio  (basta pensare al riferimento ai sottotetti o alle aree destinate a parcheggio) i principi alla base dell'art. 1117 c.c. sono rimasti identici.

Mera elencazione non esaustiva. L'elenco dei beni (e servizi) indicati nell'art. 1117 c.c. non è tassativa e non è esaustiva.  Infatti, anche altri beni (non espressamente indicati nell'art. 1117 c.c.) possono essere considerati condominiali ex art. 1117 c.c. (anche se non compresi nell'elenco dell'art. 1117 c.c.) quando sono utilizzati da tutti i condomini  o hanno una funzione diretta a soddisfare bisogni comuni ex art. 11117 c.c. (per rendere più semplice la comprensione di questo principio basta pensare ai citofoni posti all'ingresso del condomini, tale "servizio" anche se non indicato nell'art. 1117 c.c. non può che essere considerato condominiale).

Destinazione all'uso comune, irrilevanza dalla concreta allocazione del bene. Da quanto detto, risulta anche evidente che i beni per dirsi comuni ex art. 11117 c.c. devono essere posti al servizio dell'intero condominio (o di tutti i proprietari)  essendo irrilevante la loro allocazione materiale. In altri termini, se (ad esempio) la casa del portiere o la guardiola del portiere è materialmente  collocata in un edificio (il condominio e composto da due edifici) è evidente che la materiale allocazione della casa del portiere (o della guardiola), questa peculiarità strutturale non può servire ad escludere la condominialità ex art. 1117 c.c. della casa del portiere; (gli esempi potrebbero continuare facendo riferimento ad un androne ed ad un vialetto di ingresso posti materialmente sotto solo una parte dell'edificio).

La correttezza di tale principio (cioè dell'irrilevanza della allocazione del bene al fine dell'inclusione o meno nei beni comuni condominiali ex art. 1117 c.c.) può essere individuata anche seguendo un'altra strada. Infatti, volendo ammettere (per assurdo) che l'allocazione materiale del bene è un elemento da valutare al fine di stabilire se è un bene condominiale (o meno) e anche volendo pensare (sempre per assurdo) che l'allocazione materia del del bene è un elemento che prevale rispetto sull'uso del bene da parte di tutti i proprietari, si giungerebbe alla soluzione assurda secondo la quale solo i beni perfettamente equidistanti tra tutte le diverse unità immobiliari sono condominiali, mentre sarebbero da considerare non condominiali tutti quei beni che non sono perfettamente equidistanti tra le diverse unità immobiliari, quando, invece, il legislatore non ha dato nessun rilievo alla allocazione materiale del bene ai fini dell'inclusione (o meno) tra i beni condominiali ex art. 1117 c.c., anzi, al contrario, ha individuato come principio base per dichiarare la condominialità ex art. 1117 c.c. di un bene l'uso dello stesso da parte dei proprietari (e, quindi, il collegamento, materiale o funzionale con le unità immobiliari), indipendentemente dalla materiale allocazione del bene.

La ratio di tale principio può essere compresa in modo più diretto se si considera che il legislatore ha voluto facilitare la soluzione delle questioni che potevano sorgere in concreto, problemi dovuti soprattutto, alle innumerevoli (anzi infinite) tecniche costruttive edilizie. In altre parole, in presenza di modalità di costruzione degli edifici (tendenzialmente infinite), legare la valutazione della condominialità solo all'elemento strutturale o materiale (o all'allocazione del bene) sarebbe stato, da un lato, fonte di infiniti  problemi pratici di non facile soluzione (infatti, per accertare la struttura di un edificio sarebbe sempre servita un CTU), dall'altro, avrebbe lasciato irrisolti una serie di casi che non possono essere risolti con l'applicazione del mero criterio della materialità strutturale (edilizia).

Ecco, quindi, che diventa più chiaro quanto dispone, in modo costante, la giurisprudenza "Per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall'art. 1117 cod. civ. non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la reivindicatio la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne afferma la proprietà esclusiva darne la prova (Cass. 2, Sentenza n. 15372 del 01/12/2000; Sentenza n. 6175 del 13/03/2009; 2, Sentenza n. 17993 del 02/08/2010)" Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 dicembre 2013 – 16 gennaio 2014, n. 822.

Chiarito questo aspetto, è opportuno notare che fino ad ora abbiamo valutato l'ipotesi che il bene indicato nell'art. 1117 c.c. è usato da tutte le unità immobiliari che compongono il condominio. Occorre, però, valutare cosa accade se il bene condominiale ex art. 1117 c.c. è utilizzato solo da alcune unità immobiliari. In altri termini, occorre valutare se l'uso del bene da parte di tutte le unità immobiliari presenti nel condominio  (oppure solo da alcune unità immobiliari) è un elemento che può essere usato per escludere un bene dai beni condominiali ex art. 1117 c.c.

Come risposta si può affermare che  è ammesso che alcuni dei beni condominiali ex art. 1117 c.c. possono essere usati (o possono essere al servizio) anche solo di alcune delle unità immobiliari (e non di tutte le unità immobiliari), questo non esclude che il bene sia condominiale ex art. 1117 c.c., ma semplicemente incide sulle modalità di decisione (vota chi paga, si vota come si paga) e sulle modalità di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c. (per comprendere meglio la questione basta pensare all'impianto di riscaldamento che serve solo le unità immobiliari adibite ad abitazioni e non i locali deposito o commerciali).

Il c.d. condominio parziale non possiede una propria autonomia perfetta, distinta e separata da quella relativa al condominio avente ad oggetto l'intero fabbricato, ma costituisce null'altro che una situazione configurabile per la semplificazione dei rapporti gestori interni alla collettività condominiale, in ordine a determinati beni o servizi appartenenti soltanto ad alcuni condomini (cfr. Cass. n. 2363/12, che difatti ne ha escluso l'autonoma legittimazione in giudizio).

In altri termini, la presenza di un c.d. condominio parziale non esclude la condominialità del bene ex art. 1117 c.c. (il condominio parziale non deve essere confuso con il condominio minimo) in quanto l'art. 1117 c.c. contiene un'elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune di tutte o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà individuale".

Quindi, per escludere un bene dai beni comuni ex art. 1117 c.c. è sempre necessario un titolo  (nel caso di parti astrattamente comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. destinate per le loro caratteristiche a servire tutte le unità immobiliari presenti nel condominio, la condominialità può esser esclusa solo in base a titolo contrario (Cass. n. 27145/2007) Cass. civ. sez. II, 16 gennaio 2014, n. 822.  (E certo, tra la nozione di titolo contrario non rientra l'accatastamento).

Una volta qualificati i beni ex art. 1117 c.c. come condominiali (la prima vendita da parte dell'unico proprietario) Non è possibile neppure configurare una vendita con esclusione di beni condominiali.  Infatti, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un appartamento sito in un edificio in condominio, con cui sia esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune parti comuni dell'edificio stesso, deve ritenersi nulla, poiché con essa si intende attuare la rinuncia di un condomino alle dette parti comuni, vietata dal capoverso dell'art. 1118 c.c. (Cass. n. 3309/77; analogamente, v. anche Cass. n. 6036/95).  Inoltre, se si considerasse valida la vendita che escluda un diritto condominiale, si inciderebbe sulle quote millesimali, in violazione del 10 comma dell'art. 1118 c.c. E' pacifico in dottrina (ed affermato anche da Cass. n. 561/70) che in materia di determinazione del valore dei piani o delle porzioni di piano rispetto a quello dell'edificio, da cui dipende la proporzione nei diritti e negli obblighi dei condomini, l'assemblea dei condomini non dispone di alcun potere, non essendo materia di deliberazione l'accertamento di uno stato di fatto.
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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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