330 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

Il complotto contro il Movimento 5 Stelle

Servizi renziani deviati, civatiani, pizzarottiani e dissidenti al lavoro per destabilizzare il Movimento 5 Stelle? Forse, ma la crisi dei grillini ha radici ben più profonde e che partono dal dogma dell’infallibilità di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
330 CONDIVISIONI
Immagine

Con la decisione di Beppe Grillo di farsi affiancare da un gruppo di 5 consiglieri (Roberto Fico, Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco e Carlo Sibilia) sembra aprirsi una fase nuova all'interno del Movimento 5 Stelle, anche se non tutti sono concordi su quale sarà l'effettivo risultato del mezzo passo indietro di Grillo. Se c'è chi nota che in questo modo si trasforma il M5S in un partito tradizionale (rinunciando definitivamente all'idea della partecipazione diretta dei militanti e sperimentando invece il sistema della delega), c'è anche chi considera quella di Grillo come una scelta che legittima il lavoro svolto finora dai parlamentari (certo, il gruppetto è composto solo da fedelissimi) e infine c'è chi vede un cedimento di Grillo alle pressioni di militanti e deputati.

Ma è innegabile il tentativo in atto di uscire da uno stallo venutosi a creare in seguito ad una serie di fattori: la progressiva marginalizzazione dell'azione parlamentare (cui ha contribuito anche la prassi dell'esecutivo, che ricorre sistematicamente alla decretazione d'urgenza e abusa della fiducia), la fine della spinta propulsiva nel Paese (anche a causa dell'effetto Renzi, che peraltro ha anestetizzato il dibattito politico), la feroce concorrenza di Matteo Salvini, il riemergere di tensioni interne e il riaffiorare delle tante incongruenze legate alla struttura "da sempre provvisoria" del progetto politico grillino.

C'è poi un'altra lettura, variamente condivisa dai militanti 5 Stelle, che rimanda alla "classica" sindrome da accerchiamento e nella quale trova posto un po' di tutto: dal "sistema" ai poteri forti, dalla minoranza del PD ai "servizi renziani deviati", dall'informazione di regime a lobbisti, affaristi e criminali, fino alla "natura umana" e alle tentazioni romane. A tale ricostruzione, per la verità, concorrono una serie di “fatti, indizi e supposizioni”, anche molto recenti. Cominciamo dalla fine: la telefonata fra Massimo Artini, uno dei due deputati espulsi (si attende solo la ratifica dell’assemblea dei gruppi), e Matteo Renzi. In realtà da quanto mostrato da Piazzapulita non si evince granché, ma certamente la telefonata del Presidente del Consiglio ad un deputato della minoranza appena sfiduciato dai militanti del suo partito non è proprio normalissima. Certo, alla Camera dei deputati non c’è tutto questo bisogno di “voti” (la maggioranza è piuttosto solida), tuttavia il contatto fra i due è almeno singolare ed autorizza retropensieri di sorta, come nota Andrea Scanzi: “Quando Berlusconi cercava di portare dalla sua parte i Razzi & Scilipoti, la chiamavano "operazione disonesta"; se lo fa Renzi, la definiscono "abile mossa di scouting”. È però un fatto che le divisioni interne al M5S siano una manna per il Presidente del Consiglio, soprattutto perché depotenziano l'opposizione parlamentare e occupano uno spazio rilevante sui mezzi di informazione.

Il problema è che le fratture ci sono, anche difficilmente colmabili. E qui entra in gioco il secondo tassello del complotto contro il M5S, il gruppo dei dissidenti e degli infedeli alla linea. Le tensioni accumulate in questi mesi hanno in effetti prodotto profonde spaccature, gelosie, contrasti e litigi più o meno espliciti: decisiva in tal senso è stata la gestione "papale" del duo Grillo – Casaleggio, che hanno scelto sempre e comunque il pugno di ferro e i "colpi d'accetta dall'alto" (tanto per citare Villarosa, uno che in teoria appartiene al fronte degli integralisti). È come se si fosse creato un doppio Movimento, con integralisti e fedelissimi da una parte (si vedano le nomine di Grillo, anche per capire il "baricentro territoriale") e dall'altra l'arcipelago di dissidenti, scontenti, delusi (che gravita intorno all'isola di Parma) cui guardano con interesse soprattutto in casa democratica: una situazione che provoca disagio soprattutto tra gli attivisti, ma che almeno ha avuto il merito di riaprire la discussione su cosa è il Movimento e cosa vuole fare da grande, soprattutto se calano i consensi (qui, invece potete leggere un interessante commento "dall'interno"). E che servirà probabilmente a chiarire un equivoco di fondo: la non essenzialità delle singole individualità al progetto grillino, fatta eccezione per i due che contano davvero (che emerge anche a livello territoriale).

Insomma, solo Grillo e Casaleggio hanno il potere di far fallire il progetto: il punto è capire se ci stiano provando inconsapevolmente. E a giudicare da alcune scelte tafazziane, nonché dall'insistere su un assurdo modello comunicativo (la gestione dei profili social è terribile, la logica dei click al blog è paradossale, il continuo insistere su bufale ed allarmismi è deprecabile), non ci sentiamo nemmeno di escluderlo del tutto. Soprattutto perché nel corso dei mesi si è anteposto il dogma dell'infallibilità di Grillo e Casaleggio al "mito della Rete" e ai processi decisionali basati sulla democrazia diretta. Certo, Beppe Grillo "è" il Movimento 5 Stelle e fanno solo ridere le analisi di chi spinge i parlamentari a prendere in mano il progetto e ad affrancarsi dal "padrone di un tempo", ma la seconda forza politica del Paese, ammesso che voglia muoversi in discontinuità con le esperienze precedenti, ha la necessità di essere inclusiva, di aprirsi alla contaminazione e di produrre uno sforzo ulteriore in termini di proposte, contenuti, ma anche forme della partecipazione politica. La forza dirompente del M5S (oltre alla critica alla politica tradizionale e alle sue storture) era anche nel modello di partecipazione, che almeno inizialmente lasciava intravedere un sostrato ideologico affascinante: la democrazia diretta, la "svolta digitale", l'impegno personale tramite la tecnologia, la fusione di competenze, la crisi della democrazia rappresentativa. Poi, da questo versante, praticamente il nulla. Solo qualche timida proposta, qualche voto "concesso" dai reggenti e un sistema operativo che rasenta il ridicolo (e che addirittura aumenta i dubbi su trasparenza e correttezza dei processi decisionali). Insomma, se volete indagare sul "complotto", cominciate a guardarvi allo specchio.

330 CONDIVISIONI
Immagine
A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views