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Il bene in comune e l’azione di reintegra o di manutenzione

La Cassazione del 19.5.2014 n. 10968 ha stabilito che in presenza di un bene in comunione (ex art. 1100 c.c.), come non è leso il diritto al pari uso della cosa comune (1102 c.c.) dalla semplice sottrazione di una porzione del bene – perché la tutela accordata dall’ordinamento concerne il pari utilizzo della res nella sua interezza, così tale principio si applica anche in materia di azione di spoglio (1168 c.c. azione di reintegrazione) o di manutenzione (1170 c.c. azione di manutenzione)
A cura di Paolo Giuliano
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I beni in comune tra più soggetti sono regolati dall'art. 1100 c.c., il quale individua anche gli elementi essenziali per l'esistenza della comunione  "Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone se il titolo o la legge non dispone diversamente si applicano le norme sulla comunione".

Purtroppo, però, il codice non individua delle norme specifiche per eliminare i conflitti sulla gestione del beni in comune, ecco, quindi, che liti e conflitti, in una comunione sono all'ordine del giorno.

Proprio perché i beni in comune tra più soggetti presentano sempre delle difficoltà di gestione  o amministrazione (e un'alta litigiosità tra i comproprietari) il legislatore riconosce il diritto sciogliere la comunione chiedendo la divisione dei beni comuni con l'art. 1111 c.c. "Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l'immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri", questa norma porta alla fine della comunione.

Il codice permette anche di raggiungere un risultato analogo mantenendo, però, lo stato di comunione, infatti, al singolo comunista è riconosciuto il diritto di uscere dalla comunione trasferendo ad altri (estranei alla comunione o agli altri comunisti) la propria quota sui beni in comune; questa possibilità è regolata dall'art. 1103 c.c. "Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota". In questo modo, da un lato, uno dei comproprietari trasferisce ad altri il suo diritto, perdendo la qualifica di comunista, (uscendo dalla comunione), dall'altro, lo stato di comunione continua a sussistere, ma tra altri soggetti. E' opportuno distinguere la vendita della singola quota dal trasferimento ad un unico soggetto di tutti i beni in comunione.

I fenomeni descritti in precedenza sono solo alcune delle vicende che possono verificarsi in una comunione, infatti, prescindendo da una divisione vera e propria (formale) può capitare che i comproprietari effettuano uno scioglimento della comunione (di fatto) tramite un mero frazionamento degli immobili comuni. Il frazionamento dell'immobile il godimento separato di singole parti dell'immobile anche se è un indice di una divisione (di fatto) non mette fine alla comunione, in quanto la divisione (almeno per i beni immobili richiede la forma scritta).

Questa vicenda presuppone che sussistono beni comuni che permettono il frazionamento ed il godimento contemporaneo da parte dei singoli comproprietari, cioè tutti i comproprietari possono godere contemporaneamente di sezioni  separate del medesimo bene, però, può anche verificarsi l'ipotesi inversa, cioè che il bene in comune, non permette il godimento separato (cioè non è godibile contemporaneamente da tutti i comproprietari e non è frazionabile o non è separabile). In queste situazioni è possibile aggirare il problema ammettendo un godimento turnario del bene in comune, oppure, prevedendo un'indennità a favore dei comproprietari che non godono del bene comune, indennità a carico del comproprietario che, al contrario, ha il godimento del bene comune.

Da quanto detto è evidente che ogni comproprietario ha sui beni comuni il possesso degli stessi e il diritto di usare i medesimi beni in proporzione alla sua quota (ovviamente senza ledere il pari diritto degli altri comproprietari). Questo principio è codificato nell'art. 1102 c.c. il quale dispone che "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso."

I poteri di uso riconosciuti dal 1102 c.c. al comproprietario devono essere coordinati con la possibilità che uno dei proprietari del bene comune impedisca completamente il possesso agli altri compiendo vere azioni di spoglio o molestie. In concreto occorre coordinare l'art. 1102 c.c. con gli articoli 1168 (reintegrazione) e 1170 c.c. (manutenzione). Occorre verificare caso per caso se la situazione concreta rientra nella sottrazione totale o parziale del possesso (o nella molestia) del bene comune o  semplicemente in un uso particolare della cosa comune consentito ex art. 1102 c.c. Per rendere più chiara la situazione si può fare l'esempio in cui uno dei proprietari di un appartamento (in comunione ereditaria) cambi le chiavi dell'appartamento e impedisca agli altri comproprietari di accedere all'immobile oppure si può fare l'esempio di un lastrico solare in comune o in condominio (1117 c.c.) sul quale uno degli altri comproprietari o condomino apponga un condizionatore d'aria e i relativi tubi (il condizionatore è apposto su una parte del lastrico solare comune).

E' evidente che le due ipotesi sopra descritte sono agli antipodi, infatti, nel caso dell'appartamento sussiste la perita del possesso, al contrario l'altro caso, quello del lastrico solare parzialmente occupato da un condizionatore, occorre valutare se la fattispecie rientra nell'ambito del 1102 c.c. (che non darebbe vita a perdita del possesso o a molestie o spoglio), in altri  termini, le azioni di spoglio e molestie sono applicabili anche ai beni comuni (se lo spoglio è effettuato da terzi o da uno degli altri comproprietari), ma queste azioni trovano un limite nell'art. 1102 c.c., quindi, sicuramente, le azioni di manutenzione e di reintegrazione si possono applicare solo quando l'uso (di parte) del bene (consentito dal 1102 c.c.) supera i limiti previsti dal medesimo articolo 1102 c.c. (come nel caso di esclusone del possesso sull'intero bene comune, mediante l'impossibilità ad accedervi dopo aver cambiato le chiavi di ingresso dell'appartamento).

Quindi, su un bene in comunione (o in un condominio) è possibile agire con l'azione di spoglio o molestie quando l'atto riguarda l'intero bene ed è impedito l'uso dell'intero bene (esempio appartamento), quando, al contrario, la turbativa riguarda solo una parte del bene in comune l'azione di spoglio e molestia non potrebbero essere esercitate se colui che ha agito si è tenuto nell'ambito dell'uso consentito dall'art. 1102 c.c.

Cass. civ. sez. II del 19 maggio 2014 n. 10968 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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