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Il 13% dei giovani europei non studia né lavora: record in Italia

In tutta Europa sono 13,5 milioni i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non si stanno formando professionalmente.
A cura di Davide Falcioni
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Non studiano, non lavorano e non si stanno formando: sono i cosiddetti "neet", un esercito che in Europa  13 milioni e mezzo di giovani tra i 15 e i 29 anni che la crisi ha relegato ai margini della società. Senza un impiego, senza un reddito, sono molto spesso costretti a rimanere nelle case dei genitori e rappresentano, in Italia, un quarto della popolazione in quella fascia d'età. In tutto il continente sono aumentati a dismisura: nel 2007 erano il 10,6% dei giovani, oggi sono il 12,4. In Italia l'incremento è stato però molto più marcato: dal 16 al 26%. Peggio di noi fa solo la Grecia, con il 28%, mentre Francia e Germania sono rispettivamente al 13 e all'8%.

Ebbene, un dossier di  We World, organizzazione non governativa italiana di cooperazione allo sviluppo esamina il fenomeno su scala nazionale e analizza i dati egli istituti di statistica, confrontandoli con interviste in sette città, dal nord al sud Italia. Il primo dato che emerge è che i neet sono in netto aumento: ogni anno crescono di un punto percentuale. Il fenomeno costa all'economia italiana il 6,8% del prodotto interno lordo.

Una parte consistente dei giovani che non studiano né lavorano hanno alle spalle un passato di intensa dispersione scolastica, avendo abbandonato, interrotto o cambiato indirizzo nel loro percorso formativo. In Italia rappresentano il 15% (17,7% maschi, 12,2% femmine), mentre Germania, Francia e Regno Unito registrano quote più basse. Il dato diventa allarmante in Sardegna, Campania e Sicilia, dove oltre il 20% dei ragazzi è fermo alla licenza media e non frequenta nessun corso di riqualificazione professionale.

Insomma, il profilo disegnato dalla ricerca descrive i neet come veri e propri "fantasmi": oltre a non studiare e non lavorare sembrano vivere in un "mondo sotterraneo". Spesso usano poco i social network e vivono in famiglie iperprotettive che non li aiutano ad emanciparsi, minando ulteriormente la loro autostima.

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