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I ragazzi di Afragola coltivano mele nei campi della camorra: qualcuno gli ha rubato tutto

Ad Afragola c’è un campo che profuma di buono. Sono dodici ettari di terreno della masseria Magliulo che lo Stato ha strappato alle putride mani della camorra. Oggi qualcuno ha rubato le mele appena piantate per intimidire i lavoratori. Ma non lo sanno che quelle mele ora si faranno foresta contro la violenza.
A cura di Giulio Cavalli
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Ad Afragola c'è un campo che profuma di buono. Sono dodici ettari di terreno della masseria Magliulo che lo Stato ha strappato alle putride mani della camorra. Il clan Magliulo di Afragola, rivale dei Moccia, ha contaminato questa terra per anni con il sangue, la violenza e il dolore ma oggi i cittadini hanno scippato gli scippatori restituendo il terreno alla cittadinanza. Restituendolo alla legalità, direbbe Luigi Ciotti che con Libera ha lavorato per scrivere una legge (quella del riuso sociale dei beni confiscati alla mafia) che è una delle più belle poesie scritte in questi ultimi anni.

Ora nella masseria Magliulio ci lavorano una serie di associazioni (il Consorzio terzo settore insieme all’Associazione “Sott’e’ncoppa”, alla cooperativa “L’uomo e il legno” e alla cooperativa “Radio Siani”) che sono i custodi di un terreno convertito. Dopo anni travagliati di ricorsi e burocrazia una settimana fa, nel campo della masseria, sono state piantumate 400 piantine di mela annurca. Dentro quei semi c'è più di una pianta che si farà frutto: lì dentro c'è la pulizia della solidarietà che vince contro il pelo della mafia. Quelle 400 piantine in fila sono un tempio alla rinascita.

Le storie belle però si ritrovano a percorrere spesso sentieri tortuosi: stamattina uno dei lavoratori ha scoperto che qualcuno (che non è nemmeno troppo difficile immaginare chi sia) ha pensato bene di rubare tutto. Tutto. E il campo s'è fatto deserto. «Questa mattina al nostro arrivo alla Masseria Antonio Esposito Ferraioli – ha detto uno dei responsabili della rete di associazioni del terzo settore – non abbiamo più trovato le piante, che nei giorni scorsi erano state accuratamente posizionate da numerosi volontari e attivisti del territorio, insieme alla realtà assegnatarie del bene confiscato. Lo abbiamo sempre detto che il processo di riutilizzo sociale del bene è lungo e faticoso, ma non ci lasciamo intimidire da niente e da nessuno».

Evidentemente i codardi credono che per fermare l'aria del cambiamento basti sradicare le piante. Forse sono convinti che davvero un'idea con radici così profonde possa avere scoraggiamento o paura. Non lo sanno, loro, che quelle mele diventeranno una foresta. Ora ancora di più.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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