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I cassintegrati del Pdl scrivono a Berlusconi: “Buttati in mezzo ad una strada senza umanità”

Uno dei 43 dipendenti del Pdl non “trasferiti” a Forza Italia scrive al Cavaliere: “Ci avete buttato in mezzo ad una strada…”
A cura di Redazione
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Nel passaggio dal Popolo della Libertà a Forza Italia l'organizzazione del partito ha deciso di "rinunciare" a 43 dipendenti, per i quali è scattata la procedura di licenziamento. Come poi disciplinato dalla legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti, i dipendenti licenziati hanno diritto ad un periodo di cassa integrazione (per la verità si è discusso non poco sui fondi destinati a questo ammortizzatore sociale, ritenuti non sufficienti) prima del licenziamento definitivo (e dell'eventuale periodo di disoccupazione). Una situazione che ha provocato non poche proteste, tanto nel principale partito di centrodestra che nel Partito Democratico (molto più esposto quanto a numero di dipendenti).

Come riporta Affaritaliani, una ex impiegata del Popolo della Libertà ha quindi deciso di prendere carta e penna per una lettera aperta a Silvio Berlusconi. Ecco cosa scrive:

Caro Presidente,

sono una dei 43 impiegati del Popolo della Libertà che il partito ha deciso di non reintegrare in Forza Italia e di mandare a casa. Ci tengo a segnalarle, nel caso non lo sapesse, che per la maggior parte, contrariamente a quanto pensa l’opinione pubblica che ci associa erroneamente alla casta, siamo persone di mezza età e madri di famiglia (spesso monoreddito con figli a carico, difficoltà economiche e mutui da pagare come tutti). Persone che vivono del proprio stipendio e che per motivi anagrafici dopo un anno di cassa integrazione troveranno enormi difficoltà di ricollocamento sul mercato del lavoro.

[…] ssendo persona ragionevole e pacata mi rendo conto dei problemi economici in essere e delle scelte difficili da prendere e non discuto tanto il merito quanto il metodo perché ritenendomi persona perbene.. in tutta coscienza sono convinta che chi ha sempre dato il massimo per il bene del partito, impegnandosi con orgoglio, senso di responsabilità e affetto sincero per la sua persona (come nel mio caso), non meritasse un trattamento simile. La delusione è grande, così come la preoccupazione per il futuro visto che di questi tempi di crisi trovarsi con uno stipendio in meno nel bilancio familiare non è cosa da poco.

Fa male doverlo ammettere…ma da lei che proclamava di non aver mai licenziato nessuno, da lei che ha sempre professato di avere a cuore i diritti dei lavoratori e che ha fatto della lotta alla disoccupazione uno dei suoi cavalli di battaglia, un briciolo di rispetto e umanità per i propri dipendenti buttati per strada senza spiegazioni io me li sarei aspettati. Nei confronti di 43 persone messe letteralmente alla porta con gli scatoloni in mano una parola di commiato, una pacca sulle spalle o una semplice stretta di mano io dopo tanti anni di lavoro l’avrei pretesa. E invece mai una parola di solidarietà è stata spesa nei nostri confronti, privatamente o in pubblico, né da lei, Presidente, né da chi al partito si è assunto la responsabilità di questa scelta di comportamento. Non siamo solo dei semplici numeri da depennare da una lista, ma siamo 43 persone, ognuna con la propria storia, i propri sogni e i propri progetti da realizzare. Siamo 43 persone che per lei hanno dato molto e avrebbero meritato di essere trattate con maggiore sensibilità.

In questi giorni poi leggo che Forza Italia sarebbe al centro di un progetto di rilancio finalizzato a farla tornare protagonista della scena politica a breve. A questo punto, se davvero non c’è nessun tipo di problema, non posso fare a meno di chiedermi…ma come mai anche io invece di essere stata reintegrata in Forza Italia (come la quasi totalità dei miei colleghi) oggi mi trovo cassintegrata?

Superando la timidezza e la riservatezza che mi contraddistinguono, non avendo finora mai ricevuto da lei o da altri nessuna risposta privatamente, mi trovo ora costretta a rivolgerle un appello pubblico per chiederle di spendere apertamente almeno una parola di solidarietà e comprensione per la nostra situazione, in nome del lavoro che sempre abbiamo svolto con correttezza e senso di responsabilità per lei e per il partito.

Una che ci aveva creduto…

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