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Opinioni

Grecia contro Italia: perché ai nostri politici la povertà non interessa?

Le elezioni in Grecia stanno per mettere Alexis Tsipras al governo. Il suo movimento Syriza nasce nei movimenti sociali contro la povertà. In Italia questo non succede. Perché?
A cura di Michele Azzu
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Quanto sembra lontana dall’Italia la Grecia che si avvicina al giorno delle elezioni lasciando presagire la vittoria di Alexis Tsipras? “Domenica passeremo alla Storia”, ha detto. Il progetto del movimento Syriza è davvero di portata storica: rinegoziare il debito greco (soprattutto gli interessi) come per la Germania nel 1953. Tutelare i pensionati, assicurare luce e acqua a chi non può pagare. Un piano per cancellare la povertà e la mortalità infantile, aumentata del 43% in Grecia dopo i tagli alle cure sanitarie.

Sono cose che in Italia non sentiamo da tempo: misure per ridurre la povertà. È qui che nasce Syriza, il movimento politico di Tsipras. Che affonda le sue radici – come spiega in questo bel reportage Jon Henley sul Guardian – nelle iniziative di cittadini greci che si sono auto-organizzati per rispondere ai tagli dei servizi di base. Cure sanitarie, educazione, un tetto per dormire, cibo. Tutto ciò che il governo ha dovuto tagliare nel 2010, è stato preso in mano dai cittadini e dai movimenti.

Ci sono, ad esempio, le cliniche di solidarietà. Questo sistema nato dal basso si è poi organizzato. Riporto dal Guardian: “Le cliniche sono parte di un più ampio e dichiarato movimento politico costituito da circa 400 gruppi cittadini come: centri di cibo solidale, cucine sociali, cooperative, reti di distribuzione di prodotti alimentari a chilometro zero, assistenza legale, corsi scolastici. Tutte realtà emerse dopo il collasso del welfare state greco, e più che raddoppiate negli ultimi tre anni”.

Il movimento politico che racchiude tutte queste realtà necessarie si chiama “Solidarity for all” (solidarietà per tutti), e i primi 72 deputati eletti di Syriza nel 2012 decisero di donare il 20% del proprio stipendio a questo movimento. Finanziando così servizi e assistenza per migliaia di persone. Insomma, che Tsipras e Syriza piacciano o no, non si può negare che il movimento sia già intervenuto concretamente nel contrasto alla povertà. E questo avrà il suo peso sulla scelta elettorale di oggi.

Di tutto questo in Italia, neanche l’ombra. Ma riflettere sulle elezioni in Grecia porta inevitabilmente a ripensare ciò che accade nell’Unione Europea, e in particolare nei paesi che ancora soffrono la crisi come l’Italia, dove gli ultimi dati Istat danno il tasso di disoccupazione al 13.4%, la disoccupazione giovanile al 43.9%. Entrambi dati record della serie storica (dal 1977). Ma cosa c’è di diverso nel nostro paese rispetto alla Grecia che oggi sogna con Tsipras? In breve: ai politici e ai partiti italiani della povertà non frega assolutamente nulla.

Non interessa chi fatica a pagare i ticket sanitari, non interessa chi non riesce a pagare l’asilo nido ai propri figli. Non interessa chi con la partita Iva non riesce più a campare (anzi, a loro hanno appena aumentato le tasse), non interessa chi da anni ha perso il lavoro e non riesce a trovarlo. Tutte queste persone non interessano a Matteo Renzi che sì, ha promesso i sussidi ai precari e un lavoro col progetto “Garanzia Giovani”, ma che concretamente non ha portato a nulla. Al M5S interessano forse a giorni alterni, a seconda delle intenzioni di Beppe Grillo: un giorno le partite Iva, un giorno l’industria, il giorno dopo contro l’industria, non si sa (update: ma dal canto loro hanno proposto il "reddito minimo di cittadinanza" e dedicano parte del loro stipendio al fondo per la piccola media impresa). I poveri non interessano di certo la sinistra radicale, che tanto rumore ha fatto con le liste Tsipras italiane per poi mandare a Bruxelles due editorialisti di Repubblica (che hanno pure preso il posto ai candidati più giovani).

La verità è che oggi l’Italia è più povera che mai. E nonostante questo, ai nostri politici, della povertà interessa meno che mai. Perché? Eppure dal 2010 ad oggi, sono state tantissime le iniziative di solidarietà nate dal basso. Ricordo i lavoratori dell’Agile Eutelia in cassa integrazione che vendettero arance nelle piazze (le “arance meccaniche”) per raccogliere una cassa a cui attingere per aiutare i colleghi in difficoltà (1.200 in tutta Italia). Ci fu il caso della Vinyls, in cui l’occupazione dell’isola Asinara da parte degli operai sardi potè sostenersi grazie alle tantissime donazioni e gesti di solidarietà.

Penso agli esodati, che dal 2011 ad oggi hanno creato una vera rete di informazione tramite alcuni siti – consiglio postaliesodati di Beppe Zani – e una mailing list importante che aggiorna costantemente e risponde alle tante richieste di chi non trova risposte nei siti istituzionali. Oppure, ancora, le partite Iva: prive di alcun riferimento istituzionale o di partito, abbandonate a loro stesse. E che proprio in questi mesi sono riuscite a mobilitarsi, a fare un po’ di luce sulla loro situazione, a creare le prime campagne su twitter e uno sciopero sociale.

Tutti questi movimenti sociali, queste iniziative di solidarietà, queste risorse sono state vissute in solitudine. Senza appoggio politico, e senza che nessuna di queste iniziative – e tantissime altre – potessero diventare poi qualcosa di più. Certo, è vero che non siamo arrivati alla stessa situazione di miseria diffusa della Grecia dell’austerità. Ma allora perché iniziative simili nascono e prosperano in Spagna con Podemos, nata dalle proteste degli Indignados, e addirittura nel Regno Unito, dove il Green Party sta crescendo nei sondaggi pre-elettorali?

No, non è perché non siamo ancora abbastanza poveri o disperati. La verità è un altra. E l’ho già detta: ai nostri politici dei poveri non frega nulla. Eppure 10 milioni di italiani vivono in condizioni di povertà assoluta, secondo l'Istat. Forse i nostri politici vivono in un altro paese.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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