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Gorilla, cugini non troppo lontani

Per la prima volta, attraverso il sequenziamento del genoma, gli scienziati possono confrontarsi con la mappa completa del DNA dei gorilla, scoprendo, così, che tra umani e gorilla la distanza è ancora più breve di quanto si credeva. Ed incamminandosi sul sentiero che porta alla comprensione della nostra storia evolutiva.
A cura di Nadia Vitali
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Per la prima volta, attraverso il sequenziamento del genoma, gli scienziati possono confrontarsi con la mappa completa del DNA dei gorilla scoprendo, così, che tra umani e gorilla la distanza è ancora più breve di quanto si credeva ed incamminandosi sul sentiero che porta alla comprensione della nostra storia evolutiva.

Un'altra tessera che va inserirsi in un «puzzle» ideale che racconta la nostra storia evolutiva, fornendo nuovi dati sul momento in cui le specie si differenziarono, iniziando a percorrere cammini diversi e separandosi per sempre: gli studiosi di un centro di ricerca britannico, il Wellcome trust Sanger Institute, in collaborazione con genetisti di diverse nazionalità, hanno sequenziato per la prima volta il genoma di un gorilla, in particolare quello proveniente dal DNA di Kamilah, una gorilla occidentale di pianura che ha 35 anni, un folto mantello nero e vive nello zoo di San Diego. Tra tutti i primati vicini all'uomo, il genoma del gorilla era l'unico a non essere stato ancora mappato: così, dopo il turno di orango e scimpanzé, questa volta è toccato all'ultima delle scimmie antropomorfe di cui non conoscevamo ancora i segreti racchiusi nel patrimonio genetico.

Parenti vicini – Agli scienziati erano già note da tempo le sequenze del genoma degli orango, degli scimpanzé e, naturalmente, degli esseri umani; del gorilla si conosceva appena l'1% del DNA e questo spiega l'importanza del lavoro condotto dai ricercatori. Nella fattispecie, lo studio non ha stravolto quelle che sono le nostre conoscenze relative all'evoluzione e separazione delle specie avvenuta milioni di anni addietro ma ha, senza dubbio, colmato con informazioni laddove non era ancora possibile conoscere nei dettagli. È noto che, partendo da un antenato comune antichissimo, i primi a differenziarsi sulla linea evolutiva furono gli oranghi, seguiti poi dai gorilla circa dieci milioni di anni fa e, infine, a distanza di quattro milioni di anni, dagli scimpanzé i nostri parenti più prossimi; ora, in base a quest'ultimo lavoro recentemente pubblicato dalla rivista Nature, scopriamo con sorpresa che per il 30% del proprio DNA il gorilla risulta essere più vicino all'uomo o allo scimpanzé di quanto questi ultimi non lo siano tra loro. Fatto assolutamente singolare, dal momento che scimpanzé ed uomo hanno percorso un cammino ben più lungo assieme, ma al contempo spiegabile nell'ambito della relativa rapidità a cui è avvenuta la speciazione: alcune porzioni di DNA portate dal gorilla non si sono conservate alla stessa maniera nell'uomo e nello scimpanzé. Il che ha anche consentito di aggiungere significative delucidazioni relative alla storia di noi uomini, notando come in circa 500 geni ci siano prove ed evidenze di un'evoluzione accelerata parallela, in particolar modo in quelli coinvolti nello sviluppo dell'udito.

Per la prima volta, attraverso il sequenziamento del genoma, gli scienziati possono confrontarsi con la mappa completa del DNA dei gorilla scoprendo, così, che tra umani e gorilla la distanza è ancora più breve di quanto si credeva ed incamminandosi sul sentiero che porta alla comprensione della nostra storia evolutiva.

Dalle pianure alle montagne, un destino comune per i gorilla – Un quadro complessivo del patrimonio genetico, che ha consentito di verificare la grande diversità tra le specie, è stato ottenuto attraverso il confronto con il DNA di altri tre gorilla, due appartenenti alla medesima sottospecie di Kamilah ed un gorilla orientale di pianura (Gorilla beringei graueri). Quest'ultima sottospecie, attualmente diffusa solo nelle foreste orientali congolesi, comprende gli esemplari di primati non umani più grandi esistenti in natura; gli altri gorilla orientali, quelli di montagna (Gorilla beringei beringei) sono celebri per essere gli animali che amò e a cui dedicò la vita la zoologa americana Dian Fossey. Per essi il rischio di estinzione è elevatissimo, incrementato da devastanti conflitti e dalla presenza di bracconieri e banditi nell'area del Virunga National Park che ha costretto i pochi ranger incaricati della loro tutela ad abbandonare i territori pur di non essere uccisi, come accaduto a decine tra essi a partire dagli anni '90. I gorilla occidentali di pianura come Kamilah, Gorilla gorilla gorilla, sono considerati a rischio critico, minacciati dalla devastazione del proprio habitat e dai cacciatori di frodo; l'altra sottospecie di gorilla occidentali, quelli detti «del Cross River» e il cui nome scientifico è Gorilla gorilla diehli è praticamente sull'orlo dell'estinzione, poche centinaia di esemplari sopravvivono nelle foreste di Nigeria e Camerun. Si intuisce come la diminuzione massiccia di individui stia arrecando grossi danni anche alla diversità genetica di essi stessi, rendendoli maggiormente esposti ai rischi di essere attaccati da patologie e virus: gli accoppiamenti tra consanguinei stanno indebolendo progressivamente in particolar modo le sottospecie orientali e, per questa ragione, nel sequenziamento del DNA i ricercatori sperano anche di aver trovato uno strumento che potrebbe salvare questo animale, un nostro lontano parente che, tuttavia, vive sotto attacco su questa Terra, minacciato dalla morte e dalla possibilità di scomparire per sempre.

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